Condominio

Assemblea da riconvocare se l’amministratore ha chiuso il verbale

di Francesco Machina Grifeo

Se l'amministratore chiude il verbale dell'assemblea condominiale riunita «in seconda convocazione», perché la ritiene «ingovernabile», le eventuali successive deliberazioni assunte dai condomini rimasti, anche se rispettose del quorum, non sono valide. E ciò perché la seduta non può essere considerata come una «mera prosecuzione della precedente», essendo necessario convocare una nuova assemblea che rispetti le più estese maggioranze previste per la prima convocazione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 26 luglio 2017 n. 18569, rigettando il ricorso dei condomini “ammutinati” contro la decisione della Corte di appello di Venezia.
In primo grado, invece, il Tribunale di Verona aveva salvato la delibera assunta dopo l'uscita di scena, alle 21,00, dell'amministratore e di quattro condomini a causa delle pesanti contestazioni sulla partecipazione dei proprietari dei garage e sulla nomina del presidente. I cinque condomini rimasti, infatti, alle 21,15 avevano aperto un nuovo verbale e dopo aver preso alcune decisioni lo avevano richiuso alle 22,10.
In secondo grado, la Corte ha ribaltato il verdetto stabilendo che l'assemblea aperta alle 20,30 doveva ritenersi «conclusa con la chiusura del verbale alle ore 21.10». E che «lo iato temporale e di composizione» tra le due assemblee era tale da «non consentire di ritenere che la seconda fosse stata una prosecuzione della prima». Per cui le delibere assunte «avrebbero richiesto la costituzione di una nuova assemblea con una nuova convocazione» che a questo punto avrebbe seguito le maggioranze previste per la prima convocazione (ex art. 1136 c.c.). Dunque le decisioni assunte dopo le 21,15 in quanto «adottate in carenza di convocazione e delle maggioranze previste per l'assemblea in prima convocazione» erano invalide.
Nel ricorso in Cassazione, i condomini battuti hanno insistito sul fatto che la nomina del presidente dell'assemblea non è prevista a pena di nullità e che, trovandosi in seconda convocazione, erano state ampiamente rispettate le maggioranze previste dal terzo comma dell'art. 1136 cod. civ.. Infine, l'amministratore non era abilitato a dichiarare unilateralmente chiusa l'assemblea per il solo fatto che una parte di condomini si fosse allontanata, «con la conseguenza che si sarebbe dovuta reputare la seduta subito riaperta come una prosecuzione».
Per la Cassazione, però, una volta ritenuto che l'ulteriore seduta «non rappresentasse una mera prosecuzione della precedente», la Corte di merito «è inevitabilmente pervenuta alla conclusione che la successiva dovesse essere considerata una nuova assemblea e che, per l'effetto, occorresse una nuova convocazione di tutti i condomini (ivi compresi coloro che si erano allontanati) e dovessero essere osservati i quorum costitutivi e deliberativi prescritti per la prima convocazione».

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