L'esperto rispondeCondominio

Balcone in aggetto vietato se non si «usa» il giardino

Matteo Rezzonico

La domanda

Il condominio ha venduto a terzi un appartamento adibito a sala condominiale con precise clausole: «che nessun diritto, né di comproprietà né di uso, spetta all'appartamento in oggetto sul locale garage condominiale, con ingresso dal cortile al lato sud; sulla zona scoperta recintata ad ovest ed a nord del fabbricato; sul giardino ubicato ai lati nord, est e sud dell'edificio; e sull'immobile condominiale già adibito ad alloggio del portiere».L'appartamento è provvisto di sole finestre e l'acquirente ha chiesto al condominio di aggettare un balcone sul giardino condominiale, con altezza di 2,4 metri tra l'intradosso del balcone e il piano di calpestio del giardino. Può realizzarlo? Ha bisogno dell'unanimità dei consensi? Esso costituisce per il condominio una servitù?

Il quesito richiederebbe una vera e propria consulenza e l’esame della fattispecie in concreto, nonché dell’atto notarile contenente i divieti/limiti ai quali si riferisce il lettore. In particolare, ove l’immobile per cui è causa non abbia alcun diritto di comproprietà e di uso del giardino, può ritenersi illegittima la costruzione del balcone in aggetto, a norma dell’articolo 840 e degli articoli 905 e 907 del Codice civile.In termini generali – ma non sembra questo il caso del lettore (visti i “divieti/limiti” di cui si è detto) - rientra tra le facoltà del condòmino, invece, quella di costruire un balcone affacciato sul cortile comune, a norma dell’articolo 1102 del Codice civile, secondo cui ciascun condomino può apportare modifiche alla cosa comune, purché non leda il pari diritto altrui e non rechi pregiudizio agli altri condòmini. Resta fermo il disposto dell’articolo 1120, ultimo comma, del Codice civile, in base a cui «sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino». Secondo una parte della giurisprudenza, tra l’altro, anche il condomino deve rispettare la veduta in appiombo di cui all’articolo 907 del Codice civile, per il quale «quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza inferiore a tre metri, misurata a norma dell’articolo 905. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita». Si veda, in questo senso, per tutte, la sentenza 5464/1986 della Cassazione, secondo cui «i proprietari dei singoli piani di un edificio condominiale hanno il diritto di non subire – a causa della costruzione eseguita nella parte esterna del fabbricato da altro condomino – una diminuzione, oltre che del godimento dell’aria e della luce, anche della facoltà di esercitare dalle proprie aperture le vedute in appiombo».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©