Condominio

Parti comuni e pulizie, decide il regolamento

Marco Panzarella e Silvio Rezzonico

Nonostante possa sembrare facilmente risolvibile, la ripartizione delle spese per la pulizia delle scale è una delle tante questioni controverse in condominio. Il punto di partenza è l’articolo 1117 del Codice civile, che annovera le scale tra le presunte parti comuni dell’edificio, sicché il condòmino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la loro conservazione e sostituzione.

Il problema è dunque capire secondo quali criteri deve avvenire la ripartizione. Per prima cosa è necessario verificare se nello stabile sia presente un regolamento contrattuale: le eventuali regole contenute in questo documento prevalgono infatti sulle norme del Codice civile, e per modificarle occorre il voto unanime di tutti i condòmini proprietari. Così, ad esempio, se il regolamento prevede che i costi per la pulizia delle scale debbano essere suddivisi per 3/4 in proporzione ai millesimi di proprietà e per 1/4 in base all’altezza del piano, tutti dovranno rispettare questo criterio.

Se manca il regolamento

In assenza di un regolamento contrattuale, le cose si complicano. E per capire come suddividere le spese occorre prendere in esame due articoli del Codice civile.

Il primo è l’articolo 1123, secondo il quale «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità».

Il secondo è l’articolo 1124 (“manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori”), che applica il principio generale sancito dal comma 2 dell’articolo precedente, affermando che «le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune».

I criteri adottabili

Per la pulizia delle scale – ma il principio può valere anche per la loro illuminazione – un primo possibile criterio di ripartizione, seguendo l’articolo 1124, prevede che tali spese siano divise fra tutti i condòmini, per metà in base ai millesimi di proprietà e per metà in base all’altezza del piano in cui si trova l’immobile.

La giurisprudenza prevalente, però, non ritiene corretto mettere sullo stesso piano le spese di pulizia delle scale e quelle relative alla loro conservazione e sostituzione, posto che le prime attengono solo alla manutenzione e al funzionamento delle scale. Di conseguenza, i criteri di riparto delle spese di pulizia riguardano la sola manutenzione ordinaria e, in teoria, potrebbero essere modificati anche con una delibera votata a maggioranza semplice. L’assemblea può quindi applicare criteri “particolari” per suddividere le spese, a prescindere da quelli dettati in materia di manutenzione e ricostruzione contenuti nell’articolo 1124 (e sempre che un regolamento contrattuale non disponga diversamente). È quel che avviene in molti condomìni, dove l’assemblea approva le cosiddette tabelle millesimali d’uso e/o delle scale, redatte da tecnici abilitati e pensate solo per ripartire le spese ordinarie delle scale o, in altri casi, dell’ascensore.

Un orientamento più recente prevede, invece, che le spese siano suddivise soltanto in base al criterio dell’altezza del piano. La sentenza in questione, molto controversa, è la 432 del 12 gennaio 2007 della Cassazione, secondo cui la ripartizione va fatta solo in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano, a prescindere dai millesimi di proprietà. Perché la disposizione dell’articolo 1124, primo comma, del Codice civile (per cui metà delle spese per la manutenzione e sostituzione delle scale “segue” i millesimi di proprietà) deroga in parte al criterio applicativo del principio generale ex articolo 1123, secondo comma, del Codice civile; e, quindi, non può trovare applicazione analogica in riferimento a spese diverse da quelle espressamente considerate.

Per la Cassazione, «i condòmini sono tenuti a contribuire alla relativa spesa in ragione dell’utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno». E le scale «costituiscono delle parti comuni destinate a servire i condòmini in misura diversa, in quanto i proprietari dei piani inferiori normalmente non usano il tratto che conduce ai piani superiori; trattandosi di cose oggettivamente destinate a permettere ai condòmini di goderne in misura diversa, inferiore o superiore al diritto di comproprietà sulle parti comuni, le spese andrebbero ripartite in base al criterio previsto dall’art. 1123, secondo comma, cod. civ., che può trovare applicazione con riguardo a qualunque parte comune dell’edificio».

In altri termini, a parere dei giudici della Suprema corte , chi risiede ai piani superiori calpesta un numero maggiore di gradini rispetto a chi abita i piani più bassi; e sporcando di più, è tenuto a pagare una quota maggiore. Con la precisazione che, qualora nello stabile sia presente l’ascensore, il condomino dell’ultimo piano non sceglierà quasi mai le scale, il cui utilizzo resterà “potenziale”.

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