Condominio

Non è diffamatoria la lettera di critica allegata al verbale, se riferita a rapporti condominiali

di Paolo Accoti

Riferirsi ad una condomina, in una lettera poi allegata al verbale assembleare, in maniera profondamente negativa con riferimento ai rapporti condominiali, improntati ad un atteggiamento di ostilità e di scarsa “predisposizione” al pagamento delle quote condominiali, non comporta diffamazione ma legittimo esercizio del diritto di critica.
Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31079, pubblicata in data 22 giugno 2017.
A seguito di una lettera allegata al verbale assembleare nel corso della quale, un condomino, riferendosi ad un'altra condomina, la definiva <<notoriamente litigiosa e mal pagatrice>> e la accusava di <<comportamenti del tutto scorretti>> tenuti nei suoi confronti, veniva processato e condannato dal Giudice di pace di Bari per il reato di diffamazione.
Tuttavia, il Tribunale del capoluogo pugliese, in totale riforma della sentenza di primo grado, assolveva l'imputato dall'accusa di diffamazione, ritenendo la condotta dell'imputato rientrante nel legittimo diritto di critica.
Ricorre per cassazione la costituita parte civile, deducendo il vizio di motivazione e la violazione dell'art. 595 Cp che, appunto, prevede e punisce la diffamazione.
La Suprema Corte, ricorda preliminarmente come <<la sussistenza dell'esimente del diritto di critica rispetto al reato di diffamazione presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività possa, tuttavia, trovare giustificazione proprio nella sussistenza del diritto di critica (Sez. 5, n. 3047 del 13/12/2010 - dep. 27/01/2011, Belotti, Rv. 249708); l'esercizio del diritto in parola consente l'utilizzo di espressioni forti ed anche suggestive, al fine di rendere efficace il discorso e richiamare l'attenzione di chi ascolta>>.
La stessa quindi individua, in virtù del consolidato orientamento, le tre caratteristiche portanti l'esimente del diritto di cronaca: a) l'interesse sociale; b) la moderazione del linguaggio; c) la veridicità del fatto narrato, sempre che sia d'attualità.
Per invocare il diritto di cronaca occorre, in altri termini, l'interesse alla notizia – quand'anche in un ambito ristretto – e che la sua divulgazione sia scevra da attacchi gratuiti personali, oltre che veritiera.
Pertanto, <<in riferimento al requisito della rilevanza sociale (che insieme con quello della continenza e della verità della notizia, è ritenuto, come si è visto, dalla giurisprudenza indispensabile perché la condotta denigratoria sia scriminata ai sensi dell'art. 51 cod. pen.) si è osservato che esso vada parametrato all'ambito di oggettivo, potenziale interesse della notizia stessa, poiché la rilevanza della notizia non sempre è assoluta, ma a volte riferibile a un ristretto ambito nel quale la sua diffusione è funzionale al corretto svolgimento delle relazioni interpersonali e dei rapporti sociali (Sez. 5, n. 35543 del 18/09/2007, Donato, in motivazione)>>.
Per quanto concerne invece il requisito della <<continenza, secondo l'insegnamento richiamato, ha una duplice prospettazione, soggettiva e oggettiva, formale e sostanziale, in quanto desumibile dai due elementi essenziali, sintomatici di serenità, misura e proporzione qui di seguito elencati: 1) dalle espressioni usate, che possono essere anche colorate dal gergo corrente, ma non debbono essere oggettivamente denigratorie e rappresentative di un dolus malus di gratuita denigrazione; 2) dalla sfera di tutela riconosciuta dall'ordinamento giuridico, in quanto la propalazione è giustificata se mantenuta in termini strettamente necessari per esercitare il diritto>>.
Ciò posto, la Corte, dopo aver rilevato come effettivamente sarebbe emerso dall'istruttoria che esistevano delle procedere giudiziarie azionate dal condominio contro la parte civile, e viceversa, tra la stessa parte civile e l'imputato, e che vi era una situazione di conflittualità tra l'imputato ed i familiari della parte civile, ha “valorizzato” il <<particolare significato che assume il contesto nel quale l'espressione denigratoria viene utilizzata; in questa prospettiva incensurabile, perché rispondente ad una consolidata massima di esperienza, appare la considerazione del Tribunale secondo la quale le assemblee condominiali sono “notori focolai di litigiosità”, come la casistica dei repertori di giurisprudenza insegna; di conseguenza, i giudizi espressi in quella sede, che siano contestati come diffamatori o ingiuriosi devono essere contestualizzati in quel particolare ambito>>.
Ciò posto il giudice di legittimità concorda con l'assunto del Tribunale che <<ha escluso, con argomentazioni non manifestamente illogiche, nè contraddittorie e coerenti sotto il profilo logicogiuridico con gli orientamenti espressi da questa Corte di legittimità, che le parole utilizzate nella lettera allegata al verbale di assemblea condominiale, pure significative di una forte critica, fossero dirette alla denigrazione della persona offesa, sia perché la …. non è mai chiamata in causa come avvocato, ma sempre solo come condomina, sia perché i rifermenti alla litigiosità, alla morosità ed alla scorrettezza, attengono tutti sempre e solamente alla condotta della stessa nei rapporti condominiali>>.
Il ricorso proposto della parte civile, pertanto, deve essere rigettato, con condanna della stessa al pagamento delle spese processuali sostenute dall'imputato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©