Condominio

Appalto in condominio, le responsabilità dell’amministratore

di Giulio Benedetti

L'applicazione dei principi di sicurezza sul lavoro e sui luoghi di vita è assai attuale negli edifici che contengono impianti tecnologici i quali hanno la finalità di renderli più funzionali alle esigenze quotidiane di vita : appare evidente che la sempre maggiore complessità tecnologica delle strumentazioni di servizio degli immobili , qualunque sia il servizio a cui siano adibiti, se da un lato ne aumentano il valore economico, dall'altro espongono l'incolumità degli abitanti a rischi significativi.
Occorre notare che la necessità della tutela dei lavoratori dipendenti e autonomi i quali eseguano gli appalti con contenuto tecnologico è stata ribadita dalla direttiva 92/57/CEE del Consiglio europeo del 24/6/1992 , riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili e recepita nel diritto nazionale con il D.lgs. 14/8/1996 n. 494, oggi ripreso dal d.lvo n. 81/2008 ,dove si afferma che : “ il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un migliore livello di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili costituisce un imperativo al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori”. Occorre aggiungere che inoltre la direttiva afferma :
- “ i cantieri temporanei o mobili costituiscono un settore di attività che espone i lavoratori a rischi particolarmente elevati”;
- “ le scelte architettoniche e/o organizzative non adeguate o una carente pianificazione dei lavori all'atto della progettazione dell'opera hanno influito su più della metà degli infortuni del lavoro nei cantieri nella Comunità”.
Ne consegue che tutti gli operatori del settore (amministratori di condominio, progettisti, installatori , direttori e responsabili dei lavori , architetti , geometri, periti industriali , committenti , manutentori) sono tenuti a conoscere ed applicare una congerie di norme in continua evoluzione quali :
- le norme tecnologiche relative alla sicurezza degli impianti elettrici e a gas ( legge 6/12/1971 n. 1083, D.P.R. 22/10/2001 n. 462 a legge 5/3/1990 n. 46) e le norme tecnologiche CEI, UNI , UNI – EN, le norme del DM n. 37/2008 e del d.vlo n. 81/2008;
- le nuove norme edilizie e sulla sicurezza degli impianti contenute nel testo unico sull'edilizia (il D.P.R. 6/6/2001 n. 380);
- le norme inerenti alla sicurezza, previste anche nelle deliberazioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, e finalizzate alla tutela della pubblica incolumità nell'utilizzo degli apparecchi alimentati a gas all'interno dei luoghi di vita e di lavoro.
Tali norme di sicurezza sono spesso ignote alla platea di soggetti interessati i quali sono spesso ritenuti responsabili , civilmente e penalmente di luttuosi incidenti sul lavoro ed in ambienti di vita e quindi è necessario accertare e descrivere i vincoli che inevitabilmente la nuova normativa , la quale indubbiamente privilegia la sicurezza degli utenti rispetto ai criteri di economia d'impresa, appone alla libertà di mercato ed all'organizzazione imprenditoriale.
La Corte di Cassazione ( Sent n. 48812/2016) ha sviluppato il concetto di sicurezza elettrica stabilendo la responsabilità penale, per il reato di cui all'art. 449 c.p., di un soggetto che aveva cagionato l‘incendio di un edificio mediante la realizzazione di un impianto elettrico inadeguato in quanto privo del sistema di protezione da contatti diretti dei conduttori e da eventuali sovraccarichi e da corto circuiti e di un efficace impianto di messa a terra. Inoltre la Corte affermava che con tale condotta il soggetto aveva creato “le condizioni perché si sviluppasse un fuoco e si propagassero le fiamme e perché, in violazione dell'obbligo di assicurare la custodia e la guardiania del compendio , non predisponeva un'attrezzatura antincendio idonea rispetto alle numerose parti in legno della struttura ed un sistema di vigilanza adeguato ad evitare la propagazione del fuoco”.
Il fondamento della disciplina della sicurezza sul lavoro è tuttora dettato dall'articolo 2087 del codice civile il quale obbliga l'imprenditore “ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che , secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica , sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”
Occorre notare che l'articolo 2050 del codice civile impone a chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa , per sua natura o per la natura dell'attività dei mezzi adoperati , deve risarcire il danno se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitarlo.
In materia di sicurezza elettrica il D.M. n. 37/2008 prevede i documenti che accompagnano i prodotti tecnologici :
- a) la dichiarazione di conformità del prodotto : consiste nella dichiarazione di un venditore o di un fornitore , redatta sotto la sua personale responsabilità, che un prodotto , un processo o un servizio sono conformi ad una specifica norma o ad una altro documento normativo e per la sua redazione non è previsto l'intervento di alcuna parte terza (Ente di certificazione o Laboratorio di prova);
- b) l'attestato di conformità del prodotto : è l'atto con il quale una terza parte indipendente attesta che un determinato campione , previamente sottoposto a prova , è conforme ad una specifica norma o ad un altro documento normativo ; in particolare l'attestato di conformità ha maggiore valore se il laboratorio che lo rilascia ha ottenuto l'accreditamento SINAL per il tipo di prova per il quale viene rilasciato l'attestato ;
- c) la certificazione di conformità : è l'atto con il quale una terza parte indipendente (Ente certificatore) dichiara che , con ragionevole attendibilità , un determinato prodotto , processo o servizio è conforme ad una specifica norma o ad una latro documento normativo; il certificato viene emesso su tutta la produzione di quel determinato prodotto e , inoltre , l'Ente certificatore opera il controllo sul prodotto anche mediante ispezioni esterne condotte sul mercato.
L'omesso adeguamento tecnologico nel contratto di appalto rileva nel diritto civile con riferimento all'art. 2051, per cui il proprietario è responsabile del danno delle cose che ha in custodia , salvo che provi il caso fortuito. E' evidente che in tal caso il proprietario o l'amministratore condominiale, nel caso di crollo di un edificio, ben difficilmente potranno invocare la prova liberatoria del fatto fortuito. A tal riguardo deve citarsi la recente sentenza C.Cass. n. 1990/2016 per la quale i poteri conferiti dall'art. 1130 n. 4 cod. cv. all'amministratore condominiale devono interpretarsi estensivamente “per cui rientrano nel novero degli atti conservativi che possono essere compiuti dall'amministratore anche quegli atti che pur intersecando parti individuali si rendono necessari per intervenire sulle parti comini”. Ne consegue che, per detta sentenza, l'amministratore condominiale in caso di possibile crollo di edificio può intervenire , al fine di tutelare la pubblica incolumità, non soltanto chiedendo l'intervento delle autorità competenti, o al giudice con ricorso di uregenza ex art. 700 c.p.c., ma anche adottando i provvedimenti interinali ed urgenti concretamente, adottabili anche in difetto di una preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea.
La Corte di Cassazione, Quarta Sezione Penale con la sentenza n. 46385/2015 sostiene che l'amministratore di condominio riveste una posizione di garanzia il quale è tenuto “a vigilare sulle cose comuni e ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare lavori di manutenzione strordinaria che rivestano carattere di urgenza con specifico obbligo di riferirne ai condomini nella prima assemblea ai sensi dell'art. 1135 , secondo comma, c.c.”
Inoltre deve osservarsi che l'amministratore deve vigilare sugli appaltatori e sui subappaltatori affinchè non adibiscano alle attività lavorative svolte nel condominio e per suo conto lavoratori sprovvisti del prescritto permesso di soggiorno . Invero l'art. 22, comma 12, del d.lvo n. 286/1998 sanziona con l'arresto da sei mesi a tre anni e con la multa di euro 5.000 per ogni lavoratore impiegato ( con ulteriore aumento della pena da un terzo alla metà nel caso i cui i lavoratori occupati siano in numero superiore a tre) il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori privi del permesso di soggiorno oppure scaduto o revocato o non rinnovato.
In materia fiscale la legge finanziaria del 2007 ha introdotto, con l'art. 25 ter del D.P.R. n. 600/1973, l'obbligo per l'amministratore condominiale di operare la ritenuta di acconto del 4% sui compensi dovuti dal condominio nel contratto di appalto. La legge di bilancio del 2017 (legge 11.12.2016 n. 232, art. 1n. 36 ) ha aggiunto all'art. 25 ter sopra citato i commi 2-bis e 2 -ter che affermano:
*il versamento della ritenuta è effettuato dal condominio quale sostituto di imposta quando l'ammontare delle ritenute operate raggiunga l'importo di euro 500;
*il condominio è comunque tenuto all'obbligo di versamento della ritenuta entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno anche qualora non sia stato raggiunto l'importo di euro 500;
* il condominio è sostituto di imposta all'atto del pagamento di corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto o di servizi . Tuttavia per detta norma i relativi pagamenti devono essere tracciabili ovvero devono essere compiuti dai condomini tramite conti correnti bancari o postali che consentano all'amministrazione di effettuare gli eventuali controlli. L'inosservanza di detta norma comporta l'applicazione delle sanzioni amministrative da euro 258 ad euro 2.065, previste dall'art. 11, comma primo, del d.lvo 18.12.1997 n. 471 .
Giulio Benedetti

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