Condominio

Il condòmino non può rimuovere i tubi sottotraccia se la servitù preesisteva all’acquisto

di Francesco Machina Grifeo

Anche le tubature sotto il pavimento, dunque non immediatamente visibili e non conosciute dal proprietario dell'appartamento, possono integrare una «servitù apparente» costituita dall'originario proprietario («per destinazione del padre di famiglia»). Per cui non sono rimuovibili dal successivo acquirente dell'immobile. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 8 giugno 2017 n. 14292, chiarendo che per integrare il requisito della «visibilità» - proprio della«servitù apparente» - non è necessario che «l'opera sia a vista né che il proprietario del fondo che si assume asservito abbia, in concreto, conoscenza dell'esistenza dell'opera».
L'attuale ricorrente, nel 2006, aveva convenuto in giudizio il proprio condominio, assumendo di essere il proprietario dell'appartamento del quarto piano e di aver scoperto, nel 2004, in occasione di lavori effettuati nell'immobile, che, nella zona sottostante il pavimento, era collocata una «tubazione idrica condominiale». Contestando l'esistenza di una servitù aveva chiesto che il condominio fosse condannato alla rimozione della tubazione. Nel 2008, il Tribunale, rilevato che secondo la Ctu la tubazione esisteva dal 1952 e che dunque preesisteva al regolamento di condominio del 1977 e all'atto di acquisto del 1978, rigettò la domanda. Proposto appello, la Corte territoriale ha affermato che dal contratto emergeva che l'appellante aveva acquistato l'immobile «sotto il vigore e l'osservanza di tutti i diritti, obblighi, oneri, servitù attive e passive» così come «stabiliti, previsti, disciplinati o richiamati dal regolamento di condominio», che ricomprendeva «la comunione delle condutture dell'acqua».
Il proprietario però non si è dato per vinto ed ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo, fra l'altro, che le condutture erano state apposte solo pochi anni prima, durante un suo periodo di assenza. Ma soprattutto sostenendo la violazione dell'articolo 1061, comma 1, c.c., «per avere ritenuto che la servitù sia sorta per destinazione del padre di famiglia pur se la stessa, in quanto relativa ad un tubo collocato tra due alloggi di una verticale, non è apparente».
Sul punto la Suprema corte ha affermato che «l'apparenza della servitù, senza la quale non è possibile la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, si identifica nell'oggettiva e permanente sussistenza di opere suscettibili di essere viste (anche se, in concreto, ignorate) che, per la loro struttura e consistenza, inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a favore dell'altro». Ciò vuol dire, prosegue la decisione, che la tubatura idrica, pur se collocata al di sotto del pavimento dell'appartamento che funge da fondo servente, costituisce «senz'altro un'opera oggettivamente visibile», sia pure «solo in parte» ed «occasionalmente», come accaduto nel caso specifico, ma comunque tale da rivelare «inequivocabilmente» per «struttura e consistenza», l'onere che grava sull'appartamento servente a vantaggio dell'altro.
In definitiva, conclude la sentenza, l'accertamento, da parte della Corte d'appello, dell'acquisto «a titolo originario» del diritto di servitù (per destinazione del padre di famiglia) «esclude ogni rilievo al parallelo accertamento (ed alle relative censure) dell'acquisto dello stesso diritto a titolo derivativo e contrattuale».

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