Condominio

Impianti privati nel condominio: le regole da seguire

di Anna Nicola


L'Art. 1122 bis, rubricato “Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili” così recita:
“Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell'edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche.
E' consentita l'installazione di impianti per la produzione di energia di fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato.
Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere con la maggioranza di cui al quinto comma dell'articolo 1136 adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio e ai fini dell'installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.
L'accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l'esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.”
Gli impianti di radio-telediffusione non centralizzati, in generale, sono disciplinati -per la prima volta- dal nuovo art. 1122-bis C.c., volendo il legislatore adeguarsi alla realtà e volendo salvaguardare l'edificio condominiale e il suo aspetto. Si tratta di una norma di nuova introduzione. L'intento è quello di comprendere nel dettato normativo tutti gli impianti radiotelevisivi, contemplando qualunque tipologia di impianto non centralizzato atto a consentire l'accesso a qualunque genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo.
Il volere del legislatore è la tutela del condominio e delle sue parti. La realizzazione di questi impianti deve essere eseguita in modo tale da recare il minor pregiudizio possibile alle parti comuni dell'edificio e alle unità immobiliari a cui non prestano servizio. Questo principio è sancito non solo per l'installazione dell'impianto ma per tutta la sua collocazione sino a arrivare alle singole diramazioni delle utenze. Se ad esempio il condomino vuole posizionare la propria antenna sul tetto dell'edificio, deve verificare qual è il luogo migliore e più adatto onde permettere che possano procedervi anche gli altri condomini, ove interessati
La valutazione del minor pregiudizio è data dalla comparazione, anche solo astratta, dei possibili luoghi dove poterli posizionare. L'esito di quest'accertamento deve dare come risultato il luogo dove la struttura radiotelevisiva sia di minor fastidio sia all'edificio, complessivamente inteso, sia alle sue parti di uso comune, sia ancora alle singole proprietà individuali. Il legislatore utilizza il termine “pregiudizio” e non “danno”, volendo far intendere che già solo il pregiudizio non può ledere il condominio. Il pregiudizio, valendo come pericolo anche solo estetico, è di ostacolo all'attività del singolo, non essendovi richiesti gli estremi di un concreto danno.
Il decoro architettonico assurge a limite assoluto. Esso deve essere sempre garantito, indipendentemente dalla fattispecie che viene in esame: la sua tutela è “in ogni caso”. Pare che questa garanzia sia da porre in via preventiva, dovendo esserne “preservato” il valore. Il termine “decoro architettonico” si differenzia dall'aspetto architettonico di cui all'art. 1127 c.c., in tema di diritto di sopraelevazione (Cass.1025/2004)
Resta salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche. Ciò significa che se queste disposizioni sanciscono una certa collocazione delle diramazioni e dei relativi impianti, potrebbe venire sacrificato l'interesse del condominio a favore della normativa pubblica. Ci si chiede cosa succede nel caso in cui l'attuazione della normativa pubblica comporti la lesione o la riduzione del decoro architettonico: tra i due parametri, pare che debba essere data prevalenza al rispetto della normativa pubblica, salvo verificare se nei casi concreti l'interesse della collettività possa essere azzerato difronte alle disposizioni normative di riferimento.
La produzione di energia di fonti rinnovabili viene considerata di primaria importanza. E' consentita l'installazione dei relativi impianti anche da parte di un solo condomino su una superficie comune, purché idonea, sia essa il lastrico solare o un altro bene comune. La differenza tra questi impianti e quelli radiotelevisivi è data dalla loro struttura e dimensione: i singoli servizi radiotelevisivi possono essere posizionati anche sulla proprietà dell'interessato, senza interferire sulla restante parte del condominio, non così pare essere per gli impianti di energia che richiedono un maggior spazio per poter essere installati. Non è concessa la costruzione di questi servizi su parti di proprietà individuale di altri condomini. Il termine “proprietà individuale dell'interessato” concerne l'alloggio di chi intende eseguire l'installazione degli impianti in argomento. La versione precedente all'entrata in vigore dell'attuale testo normativo prevedeva che questi impianti potessero essere posizionati anche su proprietà altrui.
Ove si rendano opportune modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore, indicando il contenuto specifico nonché le modalità di esecuzione degli interventi. Poiché i beni comuni del condominio vengono a essere toccati dall'intervento del singolo, è corretto che l'amministratore sia informato e che questi lo comunichi all'assemblea del condominio. Questa comunicazione è utile al fine di comprendere la portata della modificazione che si intende attuare. Si ritiene che l'indicazione del “contenuto specifico” voglia appunto significare i termini concreti dell'intervento, compresa l'indicazione dell'estensione dei lavori sui beni condominiali. Questo avviso da parte del condomino è al fine di permettere all'amministratore e all'assemblea di evidenziare all'interessato un eventuale intervento sostitutivo rispetto a quello preventivato dal singolo, che sia di contenuto meno invasivo sulle parti condominiali coinvolte dall'intervento. Così può essere anche per l'indicazione di un diverso luogo dove posizionare l'impianto.
Vi è un vuoto normativo, non essendo sancito alcun obbligo dell'amministratore di convocare appositamente l'assemblea o di attendere di porre questo tema come argomento all'ordine del giorno della prima assemblea utile. La norma omette questo passaggio, sancendo subito cosa può decidere l'assemblea di condominio. Stante il tenore letterale, si presume che l'amministratore abbia l'onere di riunire un'assemblea ad hoc. Questa conclusione pare doverosa se si considera che l'intervento del singolo interessa parti comuni dell'edificio e che la riunione di condominio può indicare certe modalità di esecuzione, oltre a poter dettare particolari cautele per l'esecuzione dell'intervento. Poiché si parla di beni comuni, la titolarità spetta all'assemblea, trattandosi di sua specifica competenza. E' chiaro quindi che l'assemblea deve intervenire prima dell'inizio dei lavori.
Per poter dettare le regole delineate dalla norma in esame, la riunione deve deliberare con le maggioranze prescritte dal quinto comma dell'art. 1136 c.c. cioè a maggioranza degli intervenuti alla riunione, che rappresentino almeno i 2/3 del valore dell'edificio.
Pare strano questo quorum particolarmente qualificato, sembrando dare maggior importanza all'esecuzione dell'opera del singolo piuttosto che agli interessi dell'edificio.
La norma si esprime non in termini di autorizzazione da parte del condominio ma di prescrizione di adeguate modalità alternative di esecuzione dei lavori. Il condominio non può vietare l'intervento del singolo ma può indicare soluzioni alternative. L'assemblea può decidere di imporre apposite cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio o richiedere il rilascio di idonea garanzia per i danni che dovessero derivare alle parti comuni dall'esecuzione dell'intervento. Questa prestazione pecuniaria ha valore di deposito cauzionale. Nel caso in cui i danni paventati non si verifichino, la garanzia viene meno e il condominio ha l'obbligo di restituirne l'importo.
Anche qui la sicurezza, la stabilità e il decoro architettonico assurgono a parametri generali il cui rispetto deve essere pieno e assoluto. Si ricorda che per decoro architettonico “deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità” (Cass. 851 del 2007).
Ci si domanda se nel caso in cui la riunione di condominio non ritenga di dover richiedere le cautele previste dalla norma, non avendo da prescrivere alcunché al riguardo, sia comunque necessaria la verbalizzazione di aver ricevuto la comunicazione da parte del singolo in merito all'installazione dell'impianto. Come si è osservato, la norma non si esprime in termini di autorizzazione all'esecuzione dell'intervento da parte dell'assemblea. Si ritiene preferibile la soluzione affermativa in ragione del fatto che la riunione di condominio è stata convocata affinché la stessa ne prendesse atto e disponesse ciò che ritenesse meglio nell'interesse dell'edificio. Inoltre se così non fosse, gli interventi del singolo sarebbero sempre esposti al possibile rischio di azioni giudiziarie, non avendo ottenuto alcun riscontro dall'assemblea, non essendovene traccia nel verbale della riunione.
Sempre la medesima assemblea può decidere, a richiesta degli interessati, di ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni ai fini dell'installazione degli impianti.
Il singolo che vuole installare l'impianto su uno dei beni comuni deve presentare apposita domanda in questo senso all'assemblea. La deliberazione deve essere presa, anche qui, a maggioranza degli intervenuti rappresentanti i 2/3 dei partecipanti al condominio. La decisione del condominio deve salvaguardare le clausole del regolamento, ove vi siano, che hanno come oggetto le “diverse forme di utilizzo” delle superfici comuni coinvolte dagli interventi in esame. Sebbene l'intento sia quello di rendere concreta la decisione condominiale sin da subito, la norma si espone alla critica: poiché si è in tema di uso di beni condominiali, sarebbe stato opportuno prevedere che la decisione assembleare può comportare la modifica della clausola del regolamento, con tutte le debite conseguenze del caso, compresa la conseguente eventuale modifica delle tabelle millesimali. La locuzione finale –sulla cui base viene disposto che debbano essere salvaguardate le diverse forme di utilizzo in atto del lastrico solare o delle superfici comuni- non pare essere felice: non si comprende cosa debba essere inteso con il termine “comunque in atto”, potendosi anche qualificare come un riconoscimento di una situazione di fatto di un certo uso da parte dei condomini –tutti o alcuni di essi- del bene comune di riferimento.
L'accesso alle proprietà individuali deve essere consentito al fine di permettere l'esecuzione dei lavori, ove necessario, sia per la progettazione, sia per la realizzazione delle opere. Si tratta di un onere in capo ai condomini che non sono interessati dall'installazione dell'impianto. L'ingresso nei singoli alloggi deve essere permesso anche al solo fine dello studio di come attuare l'installazione degli impianti: in questo senso deve essere letto il termine “progettazione”. Poiché è un dovere del condomino, l'interessato può far intervenire l'amministratore o adire l'autorità giudiziaria in caso di accesso negato, o anche solo ostacolato. Se ne sussistono i presupposti, si può arrivare a ammettere anche il ricorso ai provvedimenti d'urgenza.
Sebbene non espressamente previsto, è chiaro che ove l'impianto sia di interesse del singolo, l'interessato e i suoi aventi causa hanno l'onere di sopportarne le spese.
La norma termina con l'indicazione che se gli impianti sono di proprietà solitaria, in quanto destinati a servizio delle singole unità abitative, non occorre l'autorizzazione del condominio. Questa affermazione di chiusura pare in contrasto con tutto il tenore della norma. L'intera struttura dell'art. 1122 c.c. è in tema di impianti radiotelevisivi non centralizzati, a norma del primo comma, e di impianti di energia al servizio di singole unità abitative, sulla base del secondo comma. Si ritiene che l'interpretazione corretta sia nel senso che il condomino non deve interpellare l'assemblea se intende installare gli impianti in luoghi di sua proprietà individuale. Pare infine che vi sia una restrizione in termini di immobile al cui servizio viene installato il singolo impianto, avendo previsto –sul piano prettamente letterale- che l'unità sia solo quella abitativa.

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