Condominio

Sì al campo di calcio nell’area verde del condominio

di Augusto Cirla

È legittima la delibera con cui il condominio decide di individuare un’area verde condominiale da dedicare allo svolgimento di attività sportive per i condomini. Questo utilizzo non costituisce infatti un’alterazione dell’assetto vegetativo dell’area, né impedisce ai condomini di farne pari uso, anche se è prevedibile che non tutti, in pratica, lo faranno. Lo ha deciso la Corte d’appello di Palermo che, con la sentenza 262 del 15 febbraio scorso (presidente Picone, relatore Pino), ha ritenuto legittima la decisione dell’assemblea condominiale di adibire un’area verde situata in stretta aderenza dell’edificio a campo di calcetto e di beach volley.

La delibera era stata impugnata da un condomino, che sosteneva la mancata indicazione nel verbale dei millesimi di proprietà dei singoli condomini, nonché nell’ordine del giorno dell’esatta destinazione che si intendeva attribuire all’area. Di qui la richiesta di rimuovere le strutture già installate dal condominio.

Il giudice di primo grado aveva respinto la domanda di declaratoria di nullità e/o annullabilità della delibera, ma aveva condannato il condominio al ripristino dello stato dei luoghi, qualificando la fattispecie come innovazione di aree condominiali regolata dall’articolo 1120 del Codice civile.

Ha presentato appello il condominio, sostenendo che la delibera non aveva mutato la destinazione dell’area dato che erano state solo collocate sul terreno due porte da calcio e una rete, strutture amovibili in qualsiasi momento. Inoltre, secondo il condominio, il primo giudice era andato oltre la domanda proposta dall’attore, limitata all’errata formulazione dell’ordine del giorno e alla mancata indicazione dei millesimi.

I giudici d’appello, richiamandosi all’articolo 1102 del Codice civile, hanno ribadito che il condominio può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne pari uso secondo il loro diritto, anche se è prevedibile che alcuni condomini, in pratica, non lo faranno. A tal fine può apportare le modificazioni ritenute opportune, sempre che l’utilità non sia in contrasto con la destinazione del bene.

Su questi presupposti, la Corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado sul punto del ripristino, condannando l’appellato a pagare le spese del doppio grado del giudizio. Ha respinto invece la censura di ultrapetizione mossa dall’appellante, confermando il potere del tribunale di qualificare l’azione proposta e di procedere a un’autonoma ricerca della norma su cui fondare la decisione e di applicarla, anche se è diversa da quella invocata dalla parte, purché non attribuisca un bene diverso da quello domandato e non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto.

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