Condominio

Gli atti persecutori e la diffamazione in condominio

di Giulio Benedetti

La sentenza C.Cass. n. 26878/2016 ha riconosciuto la fattispecie del reato di cui all'art. 612 bis c.p. nella condotta del condominio che rappresenti elementi concreti tali da esasperare il vicino di casa , inducendolo ad assumere terapie tranquillanti , ad assentarsi dal luogo di lavoro ed a creare nel medesimo uno stato di ansia che gli renda la vita impossibile. In particolare la Suprema Corte ritiene che la sopra descritta condotta non penalmente irrilevante e che l'intento della parte lesa che ha denunciato il reato non sia mosso da vendetta, da intenti calunniatori o da contrasti economici.
In merito la sentenza riferisce quanto segue : «Con motivazione adeguata e logicamente ineccepibile il provvedimento impugnato ha dato conto, altresì, delle conseguenze sulla condizione di vita della persona offesa costretta ad assentarsi dal lavoro ed assumere tranquillanti , ravvisando in esse gli eventi del mutamento delle abitudini e dell'insorgere di un grave stato d'ansia . Tale deduzione è coerente con la giurisprudenza di legittimità , secondo la quale la prova dell'evento del delitto in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima dle reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta dall'agente ed anche da quest'ultima , considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata» (Sez. 5 , Sentenza n. 14391 del 28 febbraio 2012 , dep. 16.4.2012, Rv. 252314).
La sentenza ha inoltre affermato che : «I primi due motivi del ricorso non tengono conto della costante giurisprudenza di questa Corte , secondo la quale le dichiarazioni della persona offesa dal delitto possono essere anche da sole poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità se sottoposte a vaglio critico circa l'attendibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità soggettiva del dichiarante e circa l'attendibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità oggettiva di quanto riferito e non sono sottoposte alla regola di giudizio ex art. 192 c.p.p. , comma terzo». Sul punto si veda la sentenza 41461/2012 . Le regole dettate dall'art. 192 c.p.p. , comma terzo, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa , le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione , della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto , che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. (In motivazione la Corte ha altresì precisato come , nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi).
Applicando tale criterio di valutazione alla fattispecie in esame va osservato che il Tribunale ha operato un sintetico ma esauriente esame della credibilità del querelante , escludendo la presenza di intenti calunniatori o di contrasti economici e valorizzando razionalmente il fatto che le sue aperture querele, pertanto, erano state originate da una reale esasperazione derivante dalle condotte dell'indagato che aveva denunziato. Dal testo del provvedimento – che ha passato in rassegna gli omogenei contenuti delle plurime denunce querele sporte dalla persona offesa- è apprezzabile un implicito giudizio di attendibilità delle accuse nei confronti del ricorrente , del resto riscontrate più volte anche da interventi della polizia giudiziaria”.
Giova notare che la Prima Sezione penale della C.Cass. Con la sentenza n. 25923/2017 ha rivisitato il delitto di diffamazione (ricorrente anche nella vita condominiale) affermando che è necessaria la verità dei fatti storici come fondamento del diritto di critica. Invero integra il reato di diffamazione la condotta di chi invii una missiva gratuitamente denigratoria ad un ordine professionale ( assimilabile ad una comunità condominiale):”sussiste , infatti, in tal caso il requisito della comunicazione con più persone , considerato che la destinazione della divulgazione può trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volontà del mittente -autore , anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo, disciplinare) che deve essere portato a conoscenza di più persone, diverse dall'immediato destinatario, sempre che l'autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi.” In tale caso non può essere invocata l'esimente del diritto di critica che ricorre solo quando i fatti riferiti siano veri o laddove l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente , ancorchè erroneamente, convinto della loro veridicità.

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