Condominio

Il condomino al Giudice di Pace: occorre un progetto di economia politica-giuridica

di Francesco Schena (Presidente nazionale Arco)

Salvo ripensamenti, a partire dal 30 ottobre 2021 per i procedimenti radicati in materia di condominio, sia contenziosi che di volontaria giurisdizione, la competenza passerà al Giudice di Pace, con il limite di valore fino a € 30mila. La novità, combinata con l'obbligatorietà della mediazione e con l'istituto della negoziazione assistita, sembra rientrare in un progetto organico di degiurisdizionalizzazione del tema.
Al riguardo non sono state poche le lagnanze avanzate dagli addetti ai lavori, arrivando fino a vere e proprie contestazioni anche da parte di alcune associazioni di Amministratori di condominio e di Avvocati.
Da più fronti, infatti, si è paventata una inadeguatezza da parte dei Giudici di Pace sul tema, con il conseguente timore di vedere così alimentato il percorso del contenzioso piuttosto che ridotto. A parere di chi scrive, però, si tratta di un falso problema o, per lo meno, non si tratta dell'unico problema. Invero, il tema del condominio è da sempre oggetto di interpretazioni contrastanti in ogni grado di giudizio. Persino la Suprema Corte ci ha abituato, nel corso degli ultimi vent'anni, a cambi di rotta su quelli che apparivano come orientamenti giurisprudenziali granitici.
Ma in un contesto di riferimento dove tutte le professionalità in campo appaiono alquanto approssimative e superficiali perché, allora, ci si lamenta soltanto della poca specializzazione da parte dei Giudici di Pace? Non è forse vero che il livello di professionalità degli Amministratori di condominio voluto dalla legge ad oggi in Italia sia incredibilmente indietro rispetto a quello dei colleghi esteri? Non è forse vero che sono ancora in tanti gli Avvocati a trattare la materia con approccio generico e non specializzato? Non è forse vero che ad oggi chiunque potrebbe revisionare la contabilità condominiale anche senza competenze alimentando, così, il contenzioso? Non è forse vero che l'istituto della mediazione è pressocchè fallito per la forte inclinazione delle parti, tra le altre cause, ad arrivare al giudizio ordinario pur di non lasciare nulla sul terreno non comprendendo, così, lo spirito della mediazione? Non è forse vero che sono stati alcuni Tribunali (e non i Giudici di Pace) a ritenere che il ricorso per revoca dell'amministratore debba passare per la prodromica mediazione nonostante la legge escluda chiaramente da questo istituto i casi di volontaria giurisdizione?
In altri termini, perché gridare allo scandalo sull'assegnazione ai Giudici di Pace del contenzioso condominiale quando vi sono altri ambiti satellite da migliorare e altrettanto riverberanti sugli esiti dei conflitti? Evidentemente c'è poco interesse a modifcare il restante status quo?
ARCO, l'Associazione dei Revisori Contabili Condominiali, prova a formulare proposte migliorative e di completamento del progetto allo scopo di limitare i possibili danni di una riforma che potrebbe avere anche un suo perché ma che sarà nella sua declinazione concreta a dover dar prova di lungimiranza.
In prima analisi, sarebbe il caso di riscrivere meglio l'istituto del condominio e sanare alcuni aspetti di criticità che impattano sull'interpretazione quotidiana della norma da parte degli addetti ai lavori e sulla sua attuazione concreta. Una riscrittura che dovrebbe vedere le parti in campo, adeguatamente rappresentate, protagoniste e portatrici di esperienza e valutazioni tecnico-applicative oltre che giuridiche e partendo dall'esclusione dell'ipotesi che un condòmino interno senza qualificazione di sorta possa continuare ad mministrare il proprio edificio.
In un contesto di ridefinizione sistemica di lungo respiro, poi, si dovrebbe ripensare la formazione obbligatoria degli amministratori, triplicando le ore previste dal D.M. n. 140/2014 e non escludendo un percorso universitario ad hoc con l'obbligo del diploma di laurea triennale entro i prossimi dieci anni.
Per gli stessi motivi, promuovere la devoluzione del contenzioso di primo grado a camere arbitrali specializzate, rendendo il passaggio quale condizione di procedibilità al rito ordinario e prevedere una formazione adeguata e specializzata anche per i revisori della contabilità condominiale, non eslcudendo l'accesso all'Albo dei CTU per quei professionisti che operano all'insegna della legge 4/2013 dando, così, alla stessa norma, una più civica ed efficace operatività. Il contenzioso condominiale riconducibile al rendiconto, ad esempio, spesse volte è assai scevro da valutazioni tecniche che invece sono irrinunciabili e prodromiche, sebbene in via funzionale, alla risoluzione del conflitto.
La deflazione del contenzioso, insomma, può e deve passare anche attraverso la maggiore specializzazione degli addetti ai lavori, dagli amministratori di condominio ai revisori condominiali, dai giudici arbitri ai consulenti tecnici.
Occorre ripensare, allora, l'intero sistema in maniera organica e programmatica, evitando interventi spot o emergenziali. Occorre qualificare seriamente tutte le parti in campo ed affidare, così, alle professionalità specializzate la calmierizzazione del conflitto.
Probabilmente chi lamenta oggi l'inadeguatezza dei Giudici di Pace avrà ragione, ma pensare che sia questo l'unico piano di intervento potrebbe rivelarsi l'ennesimo errore da parte di un Legislatore che storicamente ha dedicato scarsa attenzione alla materia immobiliare in generale e condominiale in particolare.
Riscrittura di alcune norme, camere arbitrali specializzate e addetti ai lavori altamente qualificati sono la vera chiave di svolta e il grimaldello del cambiamento. E' necessario puntare sul lungo periodo, evitando di pensare con la logica dell'emergenza e darsi un progetto lungimirante da perseguire e definire in un arco di tempo adeguato e vedere, così, nel prossimo futuro una nuova epoca per il comparto.
Il condominio rappresenta la seconda cellula sociale del Paese e non può non essere oggetto di attenzione da parte delle isituzioni. Un chiaro progetto di economia politica-giuridica che si sotituisca alla logica del continuo “rimedio” a norme concepite o scritte male non è più procrastinabile.

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