Condominio

La durata dell’incarico dell’amministratore di condominio dopo la riforma

di Mauro Cardia

Più o meno tutti sanno che la durata dell'incarico ad amministrare un condominio ha la durata di un anno. Infatti si tende abitualmente a far coincidere la chiusura del bilancio condominiale, con la scadenza del mandato annuale dell'amministratore. Questa prassi non è corretta. Il mandato dell'amministratore segue la temporalità dell'anno civile, quindi, decorre dal 1° gennaio e scade il 31 dicembre di ogni anno. I bilanci condominiali, molto spesso, non hanno la stessa scadenza, alcuni per comodità contabile, legata soprattutto alla gestione del riscaldamento, chiudono il bilancio annuale il 31 marzo (01.04 – 31.03), altri, come ad esempio i villaggi “estivi”, chiudono il bilancio annuale il 30 giugno (01.07 – 30.06), in maniera da poter fare l'assemblea entro il mese di agosto, periodo in cui, nel condominio, sono presenti la gran parte dei proprietari.
Come già detto, l'amministratore di condominio dura in carica un anno, nell'ipotesi di riconferma la durata dell'incarico è sempre limitata all'anno civile.
Dopo tale scadenza, rimane in carica ad “interim”, ma deve convocare l'assemblea per il rinnovo della carica o per la nomina di un nuovo amministratore (art. 1129 C.c., 1135 C.c., 66 disp. att. C.c.) Vorrei mettere in evidenza la discussa interpretazione della norma, inserita nella riforma, la quale regola la nomina dell'amministratore con una presunta “durata biennale”. Fonte normativa: l'art. 1129 comma 11 C.c.
Sul punto l'art. 1129 comma 11 C.c., la quale prevede che: «l'incarico di amministratore ha durata di un anno e s'intende rinnovato per eguale durata». A questo proposito, è opportuno precisare che la durata del mandato dell'amministratore di condominio non è biennale. Questa ipotesi non ha mai avuto un seguito, in quanto, anche se appare proposta nei diversi disegni di legge, la modifica non è stata mai tradotta in legge e l'art. 1129 comma 11 C.c., non può essere interpretato in questa maniera. Un'altra interpretazione non corretta, dell'art. 1129 comma 11 C.c., è quella basata sul fatto che l'amministratore alla scadenza del suo mandato annuale, sia riconfermato “automaticamente” per un altro anno, cioè un rinnovo “tacito”, non frutto di delibera assembleare. In tal senso non risulta nessun riferimento normativo.
Non pare evidente che l'intento del legislatore sia quello di esautorare l'assemblea, con un “tacito” rinnovo per il secondo anno di mandato all'amministratore. Si deve tenere ben a mente che, la distinzione tra: il rinnovo, la conferma e la nomina “ex novo”, è costituita dal fatto che solo la nomina “ex novo”, prevede la sostituzione dell'amministratore mentre il rinnovo e la conferma presuppongono che l'amministratore sia il medesimo. Se le fattispecie esaminate, non sono sostanzialmente diverse tra loro, è pacifico che siano tutte e tre assoggettate alla volontà discrezionale dell'assemblea, ai sensi delle maggioranze inderogabili previste al II e IV comma dell'art. 1136 del C.c., espressa con specifico punto all'ordine del giorno.
La forzatura per cui l'amministratore deve rimanere in carica “tacita” per il secondo anno, non trova appiglio in quanto il legislatore non ha mai ammesso esplicitamente questa possibilità, anche perché significherebbe eliminare una competenza discrezionale dell'assemblea e del metodo assembleare.

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