Condominio

Varchi nel muro, limiti precisi

di Paolo Accoti

L’apertura di varchi o porte nel muro comune non costituisce, in linea di massima, abuso della cosa comune. Ogni condomino ha diritto di apportare le modifiche che gli consentono un’utilità supplementare rispetto agli altri condòmini.

Tale facoltà è concessa a condizione che non venga impedito il concorrente utilizzo del bene comune, che non ne sia alterata la naturale destinazione e che non venga pregiudicata la stabilità e il decoro dell’edificio condominiale.

Pertanto, l’apertura di un varco nel muro perimetrale che consenta l’accesso alla proprietà esclusiva di uno dei condòmini o realizzazione di porte (in questo caso la trasformazione da finestra in porta-finestra) o cancelli non costituisce, normalmente, un utilizzo improprio della cosa comune, atteso che non pregiudica la possibilità degli altri condòmini di farne parimenti uso, ferma restando la naturale destinazione del muro perimetrale, la solidità dell’edificio ed il suo decoro.

Qusto il senso della sentenza della Corte di cassazione (relatore Alberto Giusti), n. 4437/2017. Alla sentenza si è arrivati dopo un contenzioso in cui altri condòmini lamentavano pregiudizio per la stabilità e il decoro dello stabile, oltre all’illegittima appropriazione di parte del muro perimetrale.

Le osservazioni della Cassazione riguiardano soprattutto una serie di principi che chiariscono aspetti controversi. Anzitutto, la Suprema Corte dice che «secondo la giurisprudenza di questa Corte (...), in tema di condominio, il principio della comproprietà dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all’apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro - ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi - e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale».

Con l’importante precisazione per cui «l’apertura di varchi e l’installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell’edificio condominiale, eseguite da uno dei condomini per creare un nuovo ingresso all’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, non integrano, di massima, abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’art. 1102, primo comma cod. civ., e rimanendo irrilevante la circostanza che tale utilizzazione del muro si correli non già alla necessità di ovviare ad una interclusione dell’unità immobiliare al cui servizio il detto accesso è stato creato, ma all’intento di conseguire una più comoda fruizione di tale unità immobiliare da parte del suo proprietario».

Nel caso specifico è stato accertato come l’ampliamento della varco esistente, trasformato da finestra in porta carraia, ha costituito un mero uso più intenso della cosa comune che non impedisce agli altri comproprietari il concorrente utilizzo, e ciò in assenza di significativa alterazione del decoro. Anche alla luce del fatto per cui autore delle opere era il solo condomino che effettivamente poteva utilizzare più intensamente il muro perimetrale, essendo il proprietario esclusivo del vano prospicente l’originaria finestra.

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