Condominio

Amministratori: legge 4/2013 e democrazia obbligatoria

di Francesco Schena

Un lettore del Sole 24 Ore mi ha fatto pervenire il seguente quesito: può un'associazione professionale di amministratori di condominio, che opera all'insegna della legge n. 4/2013, rifiutare l'iscrizione di un professionista semplicemente perché persona non gradita?
Il quesito merita un debito approfondimento.
La legge n. 4/2013, ai più nota come legge per le professioni senz'albo, viene introdotta nel nostro ordinamento allo scopo di regolamentare le attività libere, dare così dignità professionale a numerose categorie non ordinistiche e consentire ai professionisti associati di utilizzare l'attestazione di qualità dei propri servizi quando quella precisa associazione consente questo, il tutto, tuttavia, a carattere concorrenziale e giammai obbligatorio.
Si tratta, dunque, di un sistema di regolamentazione del mercato che consente di individuare diversi livelli volontari di qualità al fine di permettere agli utenti consumatori la possibilità di scegliere liberamente tra un professionista associato portatore di garanzie rilasciate dall'associazione e chi sceglie, invece, di operare liberamente.
Le associazioni professionali che scelgono di operare all'insegna della legge 4 devono rispettare precisi requisiti e informare la vita e le scelte associative, a partire dallo statuto, a determinati parametri. Dalle istruzione del Mise si evidenzia che lo statuto, come le clausole associative, devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra associati e l'osservanza di principi deontologici.
Contemperando le prerogative sopra descritte con le disposizione del codice civile in materia, appare chiaro come l'associazione di categoria possa esigere dall'associando il rispetto dei requisiti di onorabilità e professionalità richiesti dalla legge e il rispetto delle prescrizioni di cui al proprio statuto, non potendo, evidentemente, andare oltre.
E' rilevante, invero, la funzione pubblica dell'associazione ancorchè soggetto di diritto privato quando intende operare sul territorio all'insegna della legge 4. In buona sostanza, l'associazione non può ritenere di operare con un livello di discrezionalità avulso dalle regole di riferimento. Infatti, qualora tutte le associazioni rifiutassero l'iscrizione al professionista “non gradito” senza addurre una motivazione riconducibile ad un preciso motivo ostativo voluto dalla legge o dallo statuto, quel professionista rischierebbe di non poter mai operare con l'attestazione di qualità dei propri servizi ad opera di una associazione, con la conseguenza che verrebbe messo in una condizione di sperequazione rispetto alla concorrenza. Inoltre, un tale atteggiamento renderebbe le associazioni paragonabili a quei circoli elitari che richiedono preventivamente presentazione e gradimento dell'iscritto.
E' lapalissiano, allora, come un'associazione di categoria che si dichiari operare ai sensi della legge 4 non possa rifiutare l'iscrizione di un professionista solo perché persona non gradita, posto che un tale portamento integrerebbe, da parte della stessa, una concreta violazione dei principi informatori voluti dalla legge.
L'accettazione del professionista che rispetta i requisiti voluti dall'ordinamento, dunque,rappresenta per l'associazione un esercizio di democrazia obbligatoria e non discrezionale.

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