Condominio

L’appaltatore «paga» per le ristrutturazioni

di Patrizia Maciocchi

La responsabilità aggravata dell’appaltatore (articolo 1669 del codice civile) scatta non solo se i gravi difetti riguardano una nuova costruzione ma anche quando si manifestano dopo una ristrutturazione. Le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 7756), scelgono, tra due indirizzi contrastanti, quello meno restrittivo.

Sulla questione anche la dottrina si era divisa. Data per scontata l’applicabilità dell’articolo 1669 ai casi di costruzione ex novo o di ricostruzione di parte dell’immobile, come ad esempio una sopraelevazione, il problema di interpretazione era sorto per le ristrutturazioni. I giudici ricordano che la giurisprudenza prevalente si è espressa per l’estensibilità della norma anche alle ipotesi di interventi di tipo “manutentivo-modificativo “ destinati ad avere una lunga durata nel tempo.

Per la tesi minoritaria, invece, l’articolo 1669 sarebbe applicabile solo alle opere eseguite ex novo dalle fondamenta o a quelle dotate di propria autonomia in senso tecnico.  

Le Sezioni unite chiariscono che anche opere più limitate, oggetto di riparazioni straordinarie, ristrutturazioni, restauri o altri interventi di natura immobiliare possono “rovinare” o presentare evidente pericolo di rovina del manufatto, tanto nella parte riparata o modificata quanto in quella diversa e preesistente che sia coinvolta per ragioni di statica. L’attenzione dei giudici si sofferma però principalmente sull’ipotesi dei gravi difetti. Più volte la Cassazione ha applicato l’articolo 1669 anche in caso di opera limitate quando i gravi difetti, interessavano parti limitate o accessorie all’edificio ma tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera. Gli esempi della Cassazione spaziano dallo scollamento, in misura notevole, delle mattonelle del pavimenti dei singoli appartamenti, alle infiltrazioni di acqua nelle murature, dall’inadeguatezza delle fosse biologiche, al disfacimento dell’intonaco esterno dell’edificio.

Per le Sezioni unite è il giusto approccio. Non è necessario che la norma sia applicata solo in caso di prima realizzazione dell’immobile, ma è possibile che l’opera oggetto dell’appalto consista e si esaurisca in alcuni elementi. Per i giudici bisogna prendere atto di un cambio di prospettiva, spostando il baricentro dell’articolo 1669 dall’incolumità di terzi, come in origine, alla compromissione del godimento normale del bene e «dunque da un’ottica pubblicistica ed aquiliana ad una privatistica contrattuale».

Vincono dunque la causa i condomini che avevano chiamato in giudizio l’appaltatore per delle fessurazioni interne ed esterne al fabbricato.

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