Condominio

Barriere architettoniche, l’anziano del superattico ha diritto all'ascensore al piano

di Francesco Machina Grifeo

L'abbattimento delle barriere architettoniche legittima la sopraelevazione dell'impianto dell'ascensore, e l'ampliamento della scala padronale, da parte del proprietario del superattico, anche se il regolamento dell'edificio subordina all'autorizzazione del condominio qualunque opera che interessi le strutture portanti o l'estetica dell'edificio.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 28 marzo 2017 n. 7938, accogliendo il ricorso degli eredi di una signora di 87 anni, e chiarendo che il relativo diritto non si estingue con la morte della persona.
Dopo il via libera da parte del Tribunale di Roma, su ricorso del condominio, la Corte di appello aveva condannato gli eredi alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi. Per i giudici di secondo grado infatti non era stata fornita alcuna prova delle difficoltà di deambulazione della proprietaria, nel frattempo deceduta, per cui non trovava applicazione la normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche. Non solo, le opere contrastavano con le indicazioni particolarmente restrittive contenute nel regolamento condominiale. Proposto ricorso, gli eredi hanno invece sostenuto la legittimità delle opere realizzate, sia in relazione alla normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, che dell'articolo 1102 c.c. riguardo l'uso della cosa comune.
La Suprema corte ricorda che, come evidenziato dalla Corte costituzionale (sentenza n.167/1999), la legislazione sui portatori di handicap «non si è limitata ad innalzare il livello di tutela, ma ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, tali da dover essere assunti dall'intera collettività». In particolare, prosegue la sentenza, «si sono introdotte disposizioni generali per la costruzione di edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese alla eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili».
Nella valutazione del legislatore, quale si desume dall'articolo 1 della legge n. 13/1989, dunque, «l'installazione dell'ascensore o di altri congegni … idonei ad assicurare l'accessibilità, adattabilità e visitabilità degli edifici, costituisce elemento che deve necessariamente essere previsto dai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici». Sulla base della legislazione vigente «l'esistenza dell'ascensore assicura la vivibilità dell'appartamento e riveste pertanto carattere essenziale».
E se anche queste indicazioni, argomentano i giudici, riguardano le nuove costruzioni o le ristrutturazioni integrali degli edifici, esse devono fungere da criterio guida, vista la loro «assolutezza», anche nel caso di ristrutturazioni parziali (ex articolo 2). Nel caso esaminato, dunque, i divieti posti dal regolamento condominiale, ulteriori rispetto limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c., «appaiono recessivi rispetto all'ipotesi di realizzazione di opere, quale ampliamento delle scale ed adeguamento dell'ascensore, che devono ritenersi indispensabili ai fini di una effettiva abitabilità dell'immobile», dovendo ritenersi che «le disposizioni in materia di eliminazione di barriere architettoniche costituiscono norme imperative ed inderogabili, direttamente attuative degli artt. 32 e 42 Costituzione».
Inoltre, prosegue la Corte, «tali disposizioni devono ritenersi vigenti indipendentemente dall'effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili». Mentre il «concetto di disabilità va interpretato in senso ampio, anche alla luce della nuova dimensione che ha assunto il diritto alla salute, non più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico», al punto che la disciplina sulle barriere architettoniche
deve ritenersi applicabile «anche alle persone che, a causa dell'età avanzata, pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà motorie».
Non solo, «il diritto al mantenimento ed all'uso dei dispositivi antibarriera (nella specie, un dispositivo servo scale), non costituisce un diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso», per cui non ha alcun rilievo la circostanza che la proprietaria, sia deceduta nelle more del giudizio.
La sentenza è stata dunque cassata e rinviata ad altra Sezione della Corte di appello che dovrà verificare se le opere realizzate, a spese del condomino interessato, «rispettino i limiti dell'articolo 1102 c.c.». E nel far ciò dovrà tenere conto del principio di «solidarietà condominiale» secondo il quale «la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale, che prescinde dall'effettiva dell'utilizzazione da parte di costoro degli edifici interessati».

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