Condominio

La sopraelevazione non è un’innovazione e non richiede consensi

di Rosario Dolce

La realizzazione della sopraelevazione progettata non richiede il consenso degli altri condomini. Tale diritto, ricomprendente sia l'esecuzione di nuovi piani sia la trasformazione di locali preesistenti con aumento delle superfici e delle volumetrie (tanto è quanto è stato appena stabilito il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, con Sentenza pubblicata in data 06 febbraio 2017).
Il titolo abilitativo deriva direttamente dall'articolo 1127, comma 1, del codice civile, secondo cui «Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare».
Estranea all'applicazione di tale specifico istituto è la diversa disciplina dettata dall'art. 1120 codice civile, che, nel prescrivere l'autorizzazione da parte delle maggioranze assembleari qualificate, si riferisce alla diversa materia delle innovazioni condominiali.
L'ipotesi normativa appena richiamata trova unicamente applicazione a quelle opere dirette al miglioramento o all'uso più comodo, ovvero al maggior rendimento, delle cose comuni, regolando le questioni relative alle maggioranze necessarie per la loro approvazione, ma non disciplina affatto il diritto di sopraelevare (cfr. Cassazione civile n. 15504/2000).
I limiti al diritto di sopraelevazione, previsti nel secondo e terzo comma dell'art. 1127 codice civile, assumono, invece, carattere assoluto solo per quanto concerne il profilo statico dell'edificio.
La possibilità di eventuali opposizioni da parte dei condomini, in ordine al diritto o meno alla sopraelevazione, residuano inoltre per le diverse ragioni di ordine architettonico o di notevole diminuzione di aria o di luce ai piani sottostanti (cfr. Cassazione civile n. n. 2708/1996).
Queste controversie tra condòmini ricadono nell'alveo della giurisdizione del giudice ordinario - trattandosi di questioni prettamente civilistiche (cfr. Cassazione civile, Sezioni Unite n. 1552/1986; Consiglio di Stato, n. 7539/2003) -, e, ad ogni modo, neppure la relativa preesistenza è in grado di compromettere il rilascio del titolo abilitativo edilizio di che trattasi, il quale, invero, deve essere sempre emesso sotto l'egida della clausola finale dei “fatti salvi i diritti dei terzi” (cfr. Tar Calabria Catanzaro n. 1749/2015).

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