Condominio

Il regolamento si deve adeguare

di Edoardo Riccio e Luca Stendardi

L’articolo 9, comma 5, del Dlgs 102 del 2014 stabilisce determinati adempimenti per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione di quelli di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base a quanto effettivamente utilizzato dalle medesime. Si ritiene che l’addebito dei costi effettivi per il servizio del riscaldamento possa portare gli utenti a ridurre gli sprechi, contenendo i consumi. Allo scopo è stato fatto rinvio a una norma tecnica (Uni 10200) per la ripartizione delle spese all’interno dei condomìni, prevalendo sulla volontà dei singoli soggetti privati interessati. Di fatto si ha un’invasione del legislatore nei rapporti tra privati, invasione che trova il suo fondamento nella legge di delega al Governo n. 96 del 2013. Questa, all’articolo 4, comma 1, al fine di favorire l’efficienza energetica e ridurre l’inquinamento ambientale e domestico mediante la diffusione delle tecnologie elettriche, nell’esercizio della delega legislativa per l’attuazione della direttiva del Parlamento europeo 2012/27/Ue ha attribuito al Governo il potere in forza del quale è stato emanato il decreto legislativo di cui qui si parla.

Ove non sia utilizzabile la norma Uni 10200, oppure vi siano differenze di fabbisogno termico maggiore del 50%, una quota di almeno il 70% andrà suddivisa in base agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso, gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. Per attuare quanto previsto, nel caso di impossibile o non conveniente utilizzo della norma Uni 10200, l’amministratore del condominio o di un edificio polifunzionale dovrà suddividere i costi della voce “riscaldamento” predisponendo due colonne con i dati necessari per il calcolo degli addebiti alle singole unità immobiliari o dai sottocontatori. Sulla prima colonna dovrà riportare i costi delle singole utenze come rilevati dai ripartitori apposti su ogni elemento scaldante delle varie unità immobiliari. Questa operazione andrà affidata a una ditta specializzata e comporterà un costo aggiuntivo. I consumi effettivi rilevati verranno utilizzati per dividere gli oneri tra le varie unità immobiliari fino ad un massimo del 70% del costo complessivo del servizio del riscaldamento. Nella seconda colonna si dovrà riportare il residuo 30% dei costi che andranno suddivisi utilizzando i criteri precedentemente utilizzati dal condominio per le spese di riscaldamento (millesimi, metri cubi, eccetera).

Si ritiene che il Dlgs 102/2014 sia norma imperativa e, pertanto, non possa essere derogato in alcun modo, nemmeno con il consenso unanime di tutti i condomini. Pertanto, tutti i regolamenti contrattuali che dispongono diversamente sono, sul punto, contrari a legge.

Le delibere che eventualmente non rispettassero le modalità di suddivisione (norma Uni 10200 o utilizzo dei singoli misuratori) potranno essere oggetto di impugnativa da parte dei singoli condòmini in quanto assunte in violazione di legge. Inoltre, modifiche alla tabella millesimale di riscaldamento, per quanto riguarda la percentuale residua di non oltre il 30%, possono essere deliberate con il voto favorevole di almeno 500 millesimi e della maggioranza degli intervenuti in assemblea, pur mantenendo gli originali criteri di suddivisione. Poiché, infine, la normativa riguarda solo la voce “consumo” le spese di manutenzione straordinaria o sostituzione dell’impianto centralizzato andranno ripartite in base ai millesimi di proprietà, o con altro criterio eventualmente indicato nel regolamento condominiale contrattuale. Per completezza si specifica che una norma transitoria consente l’utilizzo, ma solo per il primo anno dopo l’introduzione legislativa dei nuovi criteri di ripartizione, di utilizzare quelli precedenti.

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