Condominio

Nuove costruzioni, il condominio nasce con l'assegnazione degli appartamenti

di Francesco Machina Grifeo

«Nel caso di un edificio costruito da più soggetti su suolo comune, il condominio insorge nel momento in cui avviene l'assegnazione in proprietà esclusiva dei singoli appartamenti». E, «per effetto dell'assegnazione delle singole porzioni, insorge altresì la presunzione legale di comunione “pro indiviso” di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano, in tale momento, destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso». A meno che non risulti chiaramente la volontà di riservare «esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri». Sono questi i principi messi in fila dalla Corte di cassazione, ordinanza 2 marzo 2017 n. 5335 (relatore Antonio Scarpa), che ha rigettato il ricorso di un condomino che al contrario rivendicava la proprietà esclusiva dei sottotetti.
Nell'ipotesi di edificio costruito da una sola persona, invece, aggiunge la Corte, «la situazione di condominio edilizio si ha per costituita nel momento stesso in cui l'originario unico proprietario ne operi il frazionamento, alienando ad un terzo la prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione».
La vicenda origina dalla impugnazione, da parte della attuale ricorrente, di una delibera condominale del 1996 con la quale una diversa condomina veniva invitata a non utilizzare le intercapedini perimetrali del sottotetto, al livello del suo appartamento, in quanto di proprietà comune. Prima il Tribunale, poi la Corte di appello di Genova, hanno però rigettato la domanda, ed hanno invece accolto il ricorso incidentale del condominio che chiedeva la rimozione delle masserizie ivi ubicate.
Proposto ricorso, la Suprema corte ha stabilito che «la proprietà del sottotetto si determina prioritariamente in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto». E, prosegue la sentenza, il giudice di secondo grado si è attenuto a questi principi laddove ha ritenuto che la proprietà condominiale dei sottotetti «si ricava dal titolo precostitutivo del condominio», consistente nell'atto rogitato dal notaio il 19 agosto 1953, col quale «tutti i soggetti interessati alla costruzione dell'edificio acquistarono pro quota l'area edificabile», con l'identificazione e la descrizione degli appartamenti che sarebbero diventati di proprietà dei singoli condomini.
Per i giudici, quindi, ai sensi dell'art. 1117 c.c., sono in proprietà comune «i sottotetti destinati, per caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune». Mentre la presunzione legale può essere vinta soltanto ove «il sottotetto assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo».
Infine, il ricorrente aveva anche chiesto dichiararsi l'usucapione delle soffitte da lui occupate, accessibili unicamente dalla sua proprietà. Per la Cassazione però «il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei comproprietari, in ragione della peculiare ubicazione del bene e delle possibilità di accesso ad esso, non è comunque, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all'esercizio del possesso “ad usucapionem”». È, infatti, comunque necessaria, conclude la Corte, «la manifestazione del dominio esclusivo sulla “res” da parte dell'interessato attraverso un'attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui». E la prova va data da chi invoca l'usucapione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©