Condominio

Il costruttore non può imporre per regolamento limiti sulle parti comuni

di Edoardo Valentino

Nella sentenza numero 5336 del 2 marzo 2017 la Corte di Cassazione esprime alcuni importanti principi in materia di diritto condominiale e in particolare in tema di regolamento condominiale e di parti comuni.
La vicenda viene posta all'attenzione della Suprema Corte tramite il ricorso presentato da alcuni condomini i quali, impugnando una sentenza della Corte d'Appello che li aveva visti soccombenti, lamentava diverse condotte poste in essere da altri condomini.
Nella doppia veste di venditori dell'immobile e di condomini, infatti, le controparti avrebbero a detta dei ricorrenti posto in essere svariati comportamenti degni di censura.
In particolare queste condotte, espresse in quattro motivi di ricorso, erano raggruppabili in due categorie: in prima battuta i ricorrenti lamentavano come le controparti non avessero provveduto a redigere il regolamento di condominio e non avessero “individuato, chiarito e concesso agli attori di utilizzare le parti comuni in quota proporzionale, come stabilito nei rogiti”.
In secondo luogo, i ricorrenti lamentavano come le controparti avessero, in seguito alla vendita dell'appartamento, provveduto a realizzare delle opere sulle parti comuni, ledendo il loro diritto di godimento.
La Corte di Cassazione, nel pronunciare la sentenza, tratta singolarmente le questioni.
Con riguardo alla prima doglianza, la Cassazione rigetta il ricorso proposto.
In particolare secondo i giudici i ricorrenti avevano chiesto di condannare i venditori degli immobili per non avere rispettato l'obbligo di redigere il regolamento di condominio, mentre in sede di appello avevano domandato la loro condanna per non avere individuato chiarito e concesso agli attori il diritto di utilizzare le parti comuni.
La domanda effettuata in grado di appello era considerata nuova e quindi, ai sensi dell'articolo 345 del Codice di Procedura Civile, questa veniva dichiarata inammissibile.
La Cassazione specificava inoltre il principio in ragione del quale “l'obbligo del venditore di un'unità immobiliare, compresa in un condominio edilizio, di individuare e concedere al compratore l'utilizzazione delle parti comuni dell'edificio non discende affatto dall'assunzione di un apposito ed autonomo vincolo negoziale, avendo piuttosto i singoli condomini di un edificio il diritto di utilizzare direttamente, per il miglior godimento della porzione di loro proprietà esclusiva, tutte quelle parti del fabbricato che, per la loro destinazione ad un uso comune, si presumono di proprietà condominiale a norma dell'articolo 1117 c.c.”.
Per quanto riguarda la seconda parte del ricorso, invece, la Cassazione accoglieva le argomentazioni dei ricorrenti.
In particolare questi lamentavano come i venditori avessero effettuato dei lavori sulle parti comuni che avevano limitato il loro godimento delle stesse.
Secondo la difesa di questi ultimi, il diritto di effettuare detti lavori era stato pattuito con i ricorrenti, in quanto nel contratto di vendita dell'appartamento sito nello stabile i venditori (proprietari di altre unità immobiliari) si erano riservati il diritto di trasformare e modificare le parti comuni e anche di trasferire tale diritto agli eventuali acquirenti futuri dei loro immobili.
La Cassazione, quindi, accoglie il ricorso affermando che “le pattuizioni contenute nell'atto di acquisto di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini ovvero di quelle relative alle parti condominiali dell'edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunziate” e di conseguenza sono invalide “quelle clausole con determinazione del tutto generica che limitano il diritto dei condomini di usare godere o disporre dei beni condominiali e attribuiscono all'originario proprietario il diritto non sindacabile di apportare modifiche alle parti comuni”.
La Cassazione, quindi, accoglieva parzialmente il ricorso, rimandando la decisione alla Corte d'Appello competente per una nuova valutazione nel merito.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©