Condominio

La lesione del decoro architettonico è risarcibile a prescindere dal regolamento

di Luca Bridi

La vicenda giudiziaria, risolta dal Tribunale di Milano (sentenza n. 1615/2017 , pubblicata il 9 febbraio 2017 ) con giudice Marco Manunta, tra origine dalla richiesta di rimessione in pristino dello status quo ante conseguente a lavori di ristrutturazione eseguiti da una condomina proprietaria di un appartamento con terrazzo all'ultimo piano di un edificio.
In particolar modo, veniva lamentata la modifica delle parti esterne del condominio in violazione delle norme regolamentari ed in completa difformità da quanto precedentemente autorizzato da un' apposita assemblea e contestualmente si richiedeva il risarcimento del danno subito dagli altri condomini.
Per la convenuta, viceversa, non c'era stata alcuna modifica comportante l'alterazione delle parti esterne della propria proprietà ed in ogni caso vi era l'assoluta mancanza di lesione del decoro architettonico dell'edificio oltre al fatto che non ci fosse prova della natura contrattuale del Regolamento del condominio coinvolto.
In fase di trattazione, inoltre, la convenuta documentava l'esistenza, attraverso due delibere assembleari intervenute nelle more del giudizio, dell'approvazione a maggioranza qualificata di una proposta transattiva dalla stessa proposta con la conseguente intervenuta cessazione della materia del contendere.
Il Giudice rilevava che la transazione mancava proprio della sottoscrizione degli attori ritenuti, quindi, secondo quanto stabilito dalla Sentenza della Cassazione n. 2158/1998, portatori dell'interesse ad agire e quindi della prosecuzione del giudizio fino alla sua naturale statuizione.
Si rendeva quindi necessaria la nomina di un consulente tecnico d'ufficio per la verifica dell'effettiva violazione delle regole e si verificava, nel contempo, che era pendente presso il Comune una pratica edilizia protocollata come “Permesso di costruire in sanatoria” in relazione all'appartamento della convenuta che, insieme all'esistenza della richiesta di convocazione di un'assemblea per ottenere il benestare sui lavori stessi, configuravano chiari indici dell'importanza e dell'invasività degli interventi programmati.
La CTU dimostrava, infine, la radicale modifica dei serramenti, la realizzazione di due serre, l'ispessimento dei muri perimetrali con evidente modifica del carattere costruttivo del fabbricato nonché l'installazione d'impianti idraulici ed elettrodomestici sul terrazzo.
Il Regolamento condominiale, richiamato e prodotto da entrambe le parti, veniva certificato essere di natura contrattuale in quanto allegato e richiamato nei singoli atti di compravendita; circostanza che, come affermato anche, tra le altre, da Cassazione n. 8731/98 e Cassazione n. 16598/02: “lo rende idoneo a contenere norme intese a tutelare il decoro architettonico dell'edificio condominiale”.
Peraltro, per le stesse decisioni, addirittura tali disposizioni possono essere ritenute valide e cogenti “quale che sia l'origine ed il procedimento di formazione del Regolamento e quindi anche quando non abbia natura contrattuale a mente dell'art 1138, primo comma, c.c.”.
Addirittura nella CTU espletata si evidenziavano della macroscopiche trasformazioni alla finestre diventate porte – finestre con notevole ampliamento assolutamente vietato dal Regolamento al pari della serra e della tettoia costruite attraverso modalità e tecniche ben oltre i limiti di quelle concesse dall'assemblea autorizzativa, essendo peraltro anche irrilevante la natura di proprietà privata del lastrico in relazione alle modifiche apportate in evidente contrasto con le norme regolamentari.
Da tutto quanto sopra, è conseguito il totale accoglimento della domanda sul ripristino dei luoghi oltre alla statuizione di un risarcimento per ciascun condomino in ragione della lesione procurata alle parti comuni ed all'aspetto estetico dell'edificio fino all'adempimento della rimessione dei luoghi nello status quo ante, oltre alla naturale rifusione delle spese legali sostenute.

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