Condominio

Professioni non organizzate e reato di appropriazione indebita del mandatario

di Giulio Benedetti

La legge 4/2013 contiene la regolamentazione dell'attività dei professionisti finora senza un albo di riferimento ed è stato adottato in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione , inerente alla legislazione concorrente statale relativa alle professioni e nel rispetto dei principi dell'Unione europea in materia di concorrenza e di libertà di circolazione dei professionisti non organizzati in ordini ed in collegi. Inoltre l'adozione di tale normativa appare assai opportuna non solo in quanto richiesta da gran tempo dalle categorie di settore e dalle organizzazioni dei consumatori, ma anche perché supera una evidente lacuna della normativa vigente.
A tal proposito deve notarsi che l'articolo 2229 del Codice civile afferma che:
• la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi;
• l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alla associazioni dello stato, salvo che la legge disponga diversamente ;
• contro il rifiuto dell'iscrizione o la cancellazione dagli albi o dagli elenchi , e contro i provvedimenti disciplinari che importano la perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.
Viene definita ( articolo 1, comma 2) professione non organizzata in ordini o collegi l'attività economica , anche organizzata , volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale , o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi di cui all'articolo 2229 c.c., delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinate da specifiche normative. Colui che svolge detta attività deve contraddistinguerla in ogni documento ed in ogni rapporto con il cliente con l'espresso riferimento alla presente legge per la disciplina applicabile : in caso di inadempimento si realizza un'ipotesi di pratica commerciale scorretta tra professionisti e consumatori sanzionata dal titolo II della parte seconda del Dlgs 6.9.2005 n. 206 ( Codice del consumo ).
La Corte di Cassazione (Sez. Pen. 2, Sent. n. 43119/2016) ha stabilito la sussistenza del reato di cui all'art. 646 cod. pen. nei confronti del mandatario, quale è l'amministratore del condominio, indifferentemente che abbia o meno la rappresentanza del mandante. La sentenza afferma quanto segue: «L'ordinamento civile conosce due forme di mandato : con e senza rappresentanza . Nella prima ipotesi il mandatario agisce in nome e per conto del mandante e gli acquisti effettuati dal primo si accrescono direttamente nel patrimonio nel secondo (artt. 1704 e 1388 cod. civ.). Nel caso di mandato senza rappresentanza , il mandante agisce in nome proprio , ma sempre nell'interesse del rappresentato, il quale ha infatti facoltà, entro certi limiti, di acquisire comunque direttamente alcuni effetti giuridici dell'operato del mandatario. In particolare , il mandante , sostituendosi al mandatario può esercitare i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato (art. 1705, secondo comma, cod. civ.) e può rivendicare le cose mobili acquistate per conto del mandatario che ha agito in nome proprio (art. 1706, primo comma , cod. civ) . La differenza fra le due figure non presenta alcuna rilevanza nell'ambito penale, con particolare riferimento al delitto di appropriazione indebita commesso dal mandatario sulle cose o sul denaro ricevuti durante l'esecuzione del mandato. Infatti, se nel caso di mandato con rappresentanza è di palmare evidenza che il mandatario si appropria di cose o denaro di cui ha il possesso , ma che sono già entrate a far parte del patrimonio del mandatario , non diversamente accade – a ben vedere – anche nel caso di mandato senza rappresentanza . Anche in questo caso, infatti , le cose o il denaro ricevuti in esecuzione del mandato appartengono alla sfera giuridica del mandatario, sia per via delle facoltà di riscossione (dei crediti) e di rivendica (delle cose mobili) riconosciutegli dalla legge pur in difetto di un acquisto diretto della titolarità dei diritti , sia perchè il mandante – salvo che il mandato non sia “in rem propriam”- è comunque obbligato a ritrasferire al mandatario quanto acquisito nel corso del mandato. Questa Corte , infatti, ha già affermato che commette il reato di appropriazione indebita il mandatario che , violando le disposizioni impartitegli dal mandante , si appropri del denaro ricevuto per l'adempimento del suddetto mandato e lo utilizzi per propri fini e, quindi, per scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante(Sez. 2, n. 46256 del 17.10.2013; Sez. 2 , n. 50156 del 25.11.2015). Ad integrazione del principio di diritto sopra riportato è possibile aggiungere che commette il reato di appropriazione indebita anche il mandatario senza rappresentanza che si appropri delle cose ricevute durante l'esecuzione del mandato , con l'”animus” di trattenerle per sé e di non trasferirle al mandatario, a meno che egli non abbia il legittimo diritto di ritenzione per la natura del mandato conferitogli (mandato “in rem propriam”) o, limitatamente ai crediti , per soddisfarsi delle spese e dei compensi cui ha diritto (art. 1721 cod. civ.)».

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