Condominio

Il portiere licenziato deve lasciare subito l’alloggio

di Paolo Accoti

L’utilizzo gratuito dell’alloggio è prestazione accessoria del lavoro del portiere (che quindi non è un i nquilino) e per lo “sfratto” bisogna seguire la procedura del lavoro.

Il rapporto che intercorre tra l’assemblea del condominio e la persona fisica tenuta, tra l’altro, a svolgere compiti di vigilanza, di custodia e pulizia dell’edificio è un contratto di lavoro disciplinato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti da proprietari di fabbricati, applicabile su tutto il territorio nazionaleanche nei condomìni. Il Ccnl individua, tra le varie tipologie, alcune che prevedono, appunto, l’alloggio: A2) portieri che prestano la loro opera per la vigilanza, la custodia e le altre mansioni accessorie degli stabili, fruendo di alloggio; A4) portieri che prestano la loro opera per la vigilanza, la custodia, la pulizia e le altre mansioni accessorie degli stabili, fruendo di alloggio; A7) Portieri che fruiscono di alloggio, addetti alla vigilanza con mezzi telematici (sistemi di video-sorveglianza, sistemi elettronici di controllo a distanza, eccetera), di particolare complessità e ampiezza, intendendosi per tali quelli dotati di almeno 6 schermi video; A9) portieri che fruiscono di alloggio, ai quali, dietro specifico incarico conferito per iscritto, venga affidato il compito aggiuntivo e continuativo di assistente operativo per il coordinamento di altri lavoratori del complesso immobiliare.

Le sentenze hanno da tempo chiarito che «in materia di rapporto di portierato, in favore di un condominio, l’assemblea dei condomini ha il potere di prestare direttamente il proprio consenso, anche per fatti concludenti, alla conclusione di un contratto. Ne consegue che l’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato può essere desunta, oltre che da delibere assembleari, anche dalla esplicazione dell’attività lavorativa, dall’occupazione, da parte del lavoratore, dell’a ppartamento condominiale assegnato, e dall’accettazione della prestazione di lavoro da parte del condominio» (Cassazione, sentenza 5297/2014).

Alla cessazione del rapporto di lavoro il dipendente è tenuto alla riconsegna dell’alloggio e l’eventuale giudizio per il rilascio dello stesso segue il rito del lavoro non essendo configurabile, in tali casi, un autonomo rapporto di locazione.

Così ha stabilito il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, con la sentenza pubblicata il 6 dicembre 2016.

Il contenzioso partiva dal licenziamento del portiere il quale, a sua volta, impugnava il licenziamento, ma la controversia veniva risolta con un accordo transattivo che dichiarava cessato consensualmente il rapporto lavorativo. Però il portiere non lasciava l’alloggio.

Il Tribunale ha quindi ricordato che la controversia relativa al rilascio dell’alloggio (...), se la concessione in godimento dell’immobile avviene in ragione del rapporto di lavoro per cui la stessa si qualifica come «prestazione accessoria del rapporto stesso funzionalmente collegata con la prestazione lavorativa, costituendone un parziale corrispettivo» (così la Cassazione, sentenza 18649/2012) , rientra a pieno titolo tra quelle indicate dall’articolo 409 del Codice di procedura civile.

Quindi, precisa il Tribunale, «l’utilizzazione dell’alloggio costituisce (...) una prestazione accessoria del rapporto di portierato e, in quanto tale, non integra un autonomo rapporto di locazione. Dunque tale patto accessorio segue le sorti del contratto cui accede, essendo a questo funzionalmente collegato, con evidente obbligo di rilascio al momento della cessazione del rapporto di lavoro».

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