Condominio

Il locale idrico è comune anche in presenza di più scale

di Francesco Machina Grifeo

In assenza di prove contrarie, il locale vasche posto al piano terra di un edificio composto da due scale deve ritenersi comune ad entrambe, con la conseguenza che non può esserne impedito l'uso al condomino dell'altra scala. Lo ha stabilito Corte di cassazione, con la sentenza 29 dicembre 2016 n. 27359, bocciando il ricorso dei condomini della scala B e riconoscendo alla convenuta, proprietaria di un appartamento nella scala A, un risarcimento di 13mila euro per aver subito un danno ingiusto consistito nella impossibilità di affittare la casa perché sprovvista di acqua potabile a causa della bassa pressione dovuta all'assenza di un impianto di raccolta.
In primo grado, dunque, il Tribunale di Catania aveva affermato la «condominialità del locale vasche», escludendo che si fosse in presenza di «condominio parziale, trattandosi di unico edificio, avente accesso da due scale (la A e la B)». E negandone «la proprietà esclusiva» in capo ai condomini convenuti, aveva statuito il diritto dell'attrice a «servirsi del locale, secondo la sua destinazione, senza pregiudicare il pari uso degli altri». Proposto appello la Corte di Catania ha confermato il giudizio.
La Cassazione, confermando la doppia conforme, ha bocciato tutti e 8 otto i motivi sollevati. I ricorrenti, infatti, avevano contestato le risultanze della CTU nel tentativo di dimostrare «la destinazione del vano solo ad una parte dell'edificio», lamentando la violazione degli articoli 1117 e 1102 del codice civile, in materia di parti comuni ed uso della cosa comune. Per i giudici di Piazza Cavour, però, come già accertato nel merito, si tratta di «un organismo edilizio unitario, costituito da un unico blocco edificato sopra uniche fondamenta e chiuso all'apice da una unica copertura». E il semplice accesso agli appartamenti attraverso due diverse scale «non dava di certo luogo al fenomeno del condominio parziale». Del resto, prosegue la sentenza, «dagli accertamenti svolti non consta che il vano fosse asservito per destinazione ad una sola parte dell'edificio» mentre era accertato che esso «era in grado di ospitare gli impianti tecnologici per la raccolta ed il sollevamento dell'acqua anche della resistente, oltre a quello dei ricorrenti». «In ogni caso - aggiunge la sentenza -, non vi sarebbe stata ragione di privilegiare l'uso di quest'ultimi a discapito della seconda». Non solo, era emersa anche «la presenza di tracce delle tubazioni che nel passato collegavano l'impianto idrico della resistente a tale vano».
Bocciate infine anche le censure in merito alla liquidazione del danno, considerato che «la prova del danno ingiusto è stata correttamente tratta dalla impossibilità di locare una unità abitativa priva di regolare erogazione di acqua potabile, a causa della accertata bassa pressione, in difetto d'impianto di raccolta e rilancio». Né, gli odierni ricorrenti erano stati in grado di provare il contrario, vale a dire la possibilità di uno sfruttamento economico anche in assenza di regolare erogazione idrica.

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