Condominio

In caso di disturbo alle persone i cani possono essere sequestrati

di Edoardo Valentino

La Terza Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza numero 54531 del 22 Dicembre 2016, ha definito alcuni importanti principi in materia di rapporto tra le persone e gli animali domestici negli spazi urbani.
Nel caso in questione la padrona di alcuni cani era indagata per i reati previsti e punti dagli articoli 659 e 674 del Codice penale.
Tali norme in particolare sono volte a reprimere le condotte rispettivamente di “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” e “getto pericoloso di cose”.
In particolare veniva contestato alla suddetta di tenere i propri animali in scarse condizioni igieniche (tanto che la stessa era già addirittura stata condannata due volte per le medesime condotte).
Il Giudice per le indagini preliminari, tuttavia, aveva per due volte respinto le richieste di sequestro dei cani osservando come il reato derivasse dalla negligenza nella pulizia dei luoghi e non nella materiale disponibilità dei cani.
Al termine del processo l'Autorità procedente convalidava la misura del sequestro, sostenendo come vi fosse un fumus commissi delicti per entrambi i reati contestati.
Ricorreva avverso tale provvedimento in Cassazione la padrona dei cani, fondando le proprie cesure sulle seguenti argomentazioni.
Secondo la succitata, la misura del sequestro sarebbe stata illegittima, dato che gli animali non potevano essere considerati come “cose pertinenti al reato” in quanto esseri senzienti.
Aggiungeva, inoltre, come l'abbaiare dei cani fosse un istinto insopprimibile e come tale non potesse considerarsi il reato di cui all'articolo 659 del Codice Penale.
Tale norma afferma al primo comma che “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 309 euro”.
Secondo la ricorrente tale fattispecie non si sarebbe potuta configurare se non in caso i cani avessero abbaiato in modo continuo e ininterrotto e tale da disturbare il riposo notturno.
In relazione alla seconda contestazione, invece, affermava la ricorrente come non potesse configurarsi il reato di “getto pericoloso di cose” dato che, pur in condizioni igieniche carenti, lo spazio ove erano tenuti i cani non avrebbe costituito un pericolo per la salute pubblica.
La Corte di Cassazione, analizzati i motivi della parte ricorrente, rigettava integralmente il ricorso.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, gli animali sono considerati come cose e di conseguenza la misura del sequestro sarebbe stata configurabile non solo per tutelare gli animali dal maltrattamento, ma anche per evitare la consumazione di condotte delittuose.
Afferma la Corte come lo stesso Codice Penale all'articolo 544 sexies stabilisca l'obbligatoria confisca dell'animale in caso di condanna del reo e da ciò deriva la possibilità di sottoporre lo stesso anche a sequestro preventivo.
Da ultimo la Cassazione afferma il principio in ragione del quale l'uomo è comunque superiore all'animale e come tale non deve esserci una diretta proporzione tra gli interessi degli stessi, dovendo essere privilegiata la tutela dell'essere umano.
Nel caso in questione, inoltre, la misura del sequestro non produce alcun patimento all'animale, che viene meramente ricollocato in un diverso luogo di custodia.
In conclusione, quindi, secondo il quadro normativo vigente un animale può essere sempre sottoposto a sequestro se – per inidoneità del padrone – questi diventasse una fonte di disturbo sonoro o olfattivo (che dovranno essere comunque provati) per le persone residenti nelle abitazioni circostanti.

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