Condominio

Riscaldamento, serve la prova del distacco «indolore»

di Patrizia Maciocchi

Il condomino che vuole staccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato deve dimostrare che, con la sua “autonomia”, non danneggia gli altri condòmini né dal punto di vista economico né per quanto riguarda il rendimento dell’impianto.

La Corte di cassazione, con la sentenza 22285 del 3 novembre, respinge il ricorso del proprietario di un appartamento che contestava la delibera con la quale l’assemblea aveva fatto scattare il semaforo rosso alla sua richiesta di staccare il suo riscaldamento da quello condominiale. Un no giustificato dal fatto che l’intervento avrebbe danneggiato le altre unità immobiliari dal punto di vista sia economico che della resa dell’impianto.

Per l’aspirante “separatista” la delibera era inefficace perché violava il suo diritto individuale a ottenere quanto richiesto. Per far valere i suoi diritti il condomino si era rivolto al Tribunale, il quale aveva declinato la sua competenza dichiarando che il caso rientrava nella giurisdizione del giudice di pace, e questo, dal canto suo, aveva accolto l’impugnazione e affermato la nullità della delibera. La partita giudiziaria si era spostata di nuovo in Tribunale con l’appello che, questa volta, si era risolto con un verdetto favorevole al condominio. Secondo il Tribunale il ricorrente non aveva dimostrato che c’erano i requisiti per soddisfare la sua domanda. Il giudice chiedeva la prova, da fornire attraverso una relazione termotecnica, che il distacco non avrebbe comportato squilibri economici e funzionali. Per il ricorrente la prova era nello stesso comportamento del condominio: il precedente proprietario dell’immobile aveva già effettuato il distacco, senza che il condominio lamentasse spese più sostenute o disfunzioni per le altre unità immobiliari. Circostanza che dimostrava l’esistenza dei presupposti per dire addio all’impianto centralizzato.

Alla Cassazione questa motivazione non basta. I giudici precisano che la questione relativa al distacco di un condomino dall’impianto comune è disciplinata dall’articolo 1118 del Codice civile, modificato dalla legge 220 del 2012: la cosiddetta riforma del condominio in vigore dal 18 giugno 2013. La normativa ammette espressamente la possibilità per il singolo di rendere autonomo il suo impianto. Per farlo, però, deve dimostrare l’assenza di notevoli alterazioni nel funzionamento dell’impianto o di aggravi di spesa per gli altri. Una informazione preventiva che deve essere corredata dalla documentazione tecnica dalla quale si possono desumere i presupposti per accogliere la domanda. L’onere della prova viene meno solo se l’assemblea condominiale ha autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di un’autonoma valutazione sulla sussistenza dei requisiti.

La norma chiarisce che chi intende distaccarsi, in caso di conseguenze o aggravi, dovrà desistere; altrimenti potrà essere chiamato a ripristinare la precedente situazione. Soltanto se c’è la prova che l’autonomia del condomino non ha un particolare impatto sugli altri, questi potrà, in base a quanto previsto dall’articolo 1118, concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Per il tribunale non era stata dimostrata l’insussistenza dei pregiudizi.

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