Condominio

Supercondominio: la nomina dell’amministratore e dei rappresentanti è obbligatoria

di Francesco Schena

Prassi consolidate ma distorte sono foriere di contenziosi.
Il tema del supercondominio è stato oggetto, da sempre, non solo di analisi contrapposte da parte di giuristi o addetti ai lavori, ma anche argomento poco gradito agli stessi condòmini.
Una cultura distorta e assai fragile in materia a livello di società civile prima e di stessi consumatori dopo, ha fatto da scudo ad una piena declinazione del diritto condominiale anche nei casi di supercondominio, ovvero di quei complessi residenziali costituiti da più distinti condominii autonomi ma compresi in una più ampia organizzazione e tra loro legati da beni e servizi in comune - come le zone verdi, i viali, il servizio di portinirei, la guardiola, etc. – in rapporto di accessorietà di tipo sia materiale che funzionale (Cass. Civ. n. 19939/2012) e questo perché purtroppo i condòmini spesso vedono, in quello che altro non è che il rispetto di un preciso dettato normativo, il motivo dell'aumento dei costi del vivere in condominio.
In sostanza, ai più la figura dell'amministratore del supercondominio appare inutile e solo motivo di nuove spese ben potendo gli amministratori dei singoli edifici autonomi occuparsi del governo degli affari riguardanti il supercondominio. Questa considerazione, che deve essere censurata senza indugio, è, invece, soltanto foriera di contenziosi e di disservizi per ragioni legate alla inesistente legittimazione dei singoli amministratori interni.
Infatti, la Suprema Corte ha chiarito, con indiscutbile puntualità, come non competa ai singoli amministratori compiere gli atti conservativi per i beni facenti parte del supercondominio e che si deve procedere alla nomina dell'amministratore del supercondominio attraverso le deliberazioni della rispettiva assemblea formata da tutti i partecipanti all'intero supercondominio, arrivando anche alla redazione e approvazione di un proprio regolamento (Cass. Civ. 19558/2013).
Allo stesso modo, è assai frequente anche il convincimento che debbano essere i condòmini dei singoli edifici a volere la costituzione del supercondominio, ignorando come, al contrario, “ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti.” (Cass. Civ. 19800/2014)
Se il supercondominio è stato riconosciuto per molti anni come istituto di estrazione giurisprudenziale, l'avvento della legge di riforma n. 220/2012 - con l'introduzione del nuovo art. 1117-bis del codice civile e la riscrittura dell'art. 67 disp. att. c.c. – in considerazione della nuova origine normativa avrebbe dovuto contribuire a cambiare la direzione del convicimento da parte dei condòmini, ma così non è stato.
Infatti, quella che può definirsi una vera e propria recalcitranza al rispetto delle norme appare addirittura essersi acuita per via dell'introduzione della nomina dei rappresentanti nei casi di un numero di partecipanti superiore a 60 che a molti appare come l'ennesimo inutile adempimento teso a complicare la vita condominiale, che contribuisce ad aumentare le spese e di cui se ne poteva tranquillamente fare a meno.
Ed è per via di questo modo di pensare che in Italia esistono alcuni supercondomini che rappresentano delle vere e proprie zone franche dove sembra che il codice civile non debba avere cittadinanza e che tutto debba e possa risolversi nella dimensione di un affare di famiglia. Nulla di più sbagliato.
Occorre, allora, convincersi di come il supercondominio sia un ente autonomo e distinto dai singoli condominii che lo compongono, di come le nomine dell'amministratore e dei rappresentanti del supercondominio siano obbligatorie e non una facoltà, ricordando come sia lo stesso nuovo ordinamento ad introdurre il ricorso all'Autorità Giudiziaria perché vi provveda nei casi di inerzia da parte dell'assemblea.
E' necessaria, dunque, un'opera di “recupero culturale” sull'argomento in favore degli stessi condòmini e questo non può avvenire soltanto attraverso il semplice richiamo al rispetto delle regole ma deve muoversi anche attraverso l'impegno delle associazioni degli amministratori e della stessa proprietà, magari con delle campagne di (in)formazione ad hoc.
Il singolo amministratore professionista, infatti, da solo fa molta fatica a persuadere i propri amministrati sulla scorrettezza di quelle che sono vere e proprie prassi consoldite da anni e spesso, dopo i primi inutili tentativi, nel timore di perdere le simpatie dei propri clienti, “si piega” alle richieste dei condòmini facendo sì che tutto resti immutato.
La riduzione del contenzioso non passa soltanto attraverso gli strumenti alternativi di risoluzione del conflitto, ma soprattutto attraverso una nuova coscienza civica condominiale, essenziale alla prevenzione di quei conflitti che verrebbero evitati con il semplice rispetto delle procedure volute dalla legge, a beneficio di un generale miglioramento della qualità della vita in condominio e dei rapporti sociali ed interpersonali che all'interno di realizzano.

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