Condominio

Le attribuzioni dell’amministratore - 8. Atti conservativi e di vigilanza su parti comuni

di Rosario Dolce

Altra attribuzione scandita dall'articolo 1130 in capo all'amministratore (n 4) è quella di porre in essere gli “atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio”
Per apprezzarne il contenuto e il rilievo occorre fare un passo indietro e comprendere in che modo effettivamente un amministratore sia in grado di garantire il miglior godimento di un bene o di un servizio comune a ciascuno dei partecipanti al condomino.
Il concetto a cui bisogna fare riferimento, in proposito, è quello del “pari uso” di cui all'articolo 1102 codice civile laddove precisa che ogni comunista (anzi, condòmino; nel nostro caso) può “servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
Il “pari uso” si apprezza, quindi, come “uso potenziale” del bene comune. Ergo, per stabilire in concreto se l'uso più intenso di una cosa comune possa ritenersi astrattamente consentito da parte di un condòmino, l'amministratore deve fare riferimento non tanto all'uso concreto che di esso ne viene fatto in un dato momento storico, da parte di un compartecipe, ma a all'uso potenziale che del bene o del servizio in questione possano farne gli altri condòmini.
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità, ha stabilito che l'uso deve ritenersi in ogni caso consentito se l'utilità aggiuntiva tratta dal singolo comproprietario non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù a carico del bene comune, ovvero escluda gli altri partecipanti dal diritto di potere utilizzare, allo stesso modo – anche se non contestualmente -, il bene in disamina (ex multis, Cassazione civile 10453/01; 8886/00).
In buona sostanza, il “buon amministratore”, in ottemperanza all'attribuzione in disamina, deve tollerare l'utilizzo individuale dei beni comuni, solo laddove tale situazione non privi gli altri condòmini di fare altrettanto (si pensi al caso dell'uso turnario del parcheggio condominiale e delle violazioni perpetrate da parte dei condòmini nel non rispettare la tempistica assegnata per l'utilizzo).
Dall'esame dell'attribuzione in questione è possibile trarre anche il “dovere di custodia delle parti comuni”, da includere sempre nell'ambito del mansionario dell'amministratore. Quest'ultimo, in particolare, è tenuto a garantire che ogni bene condominiale in sé possa non costituire concretamente un pericolo o fonte di danneggiamento.
L'obbligo di vigilanza non viene meno neanche nell'ipotesi in cui il condominio appalti ad imprese terze i lavori straordinari riguardanti le parti comuni dell'edificio, a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato a persona diversa dall'amministratore.
All'uopo, deve tuttavia evidenziarsi come la responsabilità extracontrattuale versi i terzi, ex articolo 2051 codice civile, è predicabile esclusivamente a carico del condominio, residuando per l'amministratore esclusivamente la possibilità di incorrere in responsabilità contrattuale, nel rapporto interno che lo lega al condominio medesimo (tra le tante, Tribunale di Cassano, 1360/2014).
Ed infatti, la custodia giuridica che fonda la responsabilità , ai sensi della predetta norma, è altra cosa rispetto al compito di custodire i beni comuni, rientrante negli obblighi contrattuali assunti dall'amministratore nei confronti dei condomini, e sussiste, rispetto ai terzi e sul piano extracontrattuale, in capo al solo condominio, su cui grava una presunzione di responsabilità che ammette una prova liberatoria limitata alla dimostrazione del caso fortuito.
Viceversa, la violazione dell'obbligo contrattuale di custodire adeguatamente i beni condominiali può costituire la fonte di un'autonoma responsabilità dell'amministratore nei confronti del condominio, che opera sul piano della responsabilità contrattuale, ponendo a carico del condominio l'individuazione dello specifico inadempimento ascritto al proprio mandante e consentendo a quest'ultimo di liberarsi provando l'assenza di colpa.
Ne deriva che la possibilità di rivalsa della compagine nei confronti dell'amministratore, per il recupero delle somme che abbia dovuto pagare a terzi danneggiati da beni condominiali, non può operare sul piano dell'affermazione di una diretta responsabilità ex articolo 2051 dell'amministratore.

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