Condominio

Le attribuzioni dell’amministratore - 5. L'obbligo di “rendere il conto”

di Rosario Dolce

L'attribuzione su cui riferiamo oggi riguarda la sua “resa del conto” dell'amministratore condominiale. L'articolo 1130 n 10 codice civile prevede che l'amministratore sia tenuto a convocare annualmente l'assemblea dei condòmini per sottoporre la discussione e l'approvazione del rendiconto condominiale di cui all'articolo 1130 bis codice civile.
L'amministratore potrebbe, invece, non convocare l'assemblea per chiedere la conferma del mandato, considerato che, a seguito di una nuova interpretazione giurisprudenziale dei precetti normativi di cui agli articoli 1129, 1130 e 1135 codice civile, la carica di cui egli è stato investito avrebbe durata biennale, ovvero sarebbe riconducibile alla formula dell'“1+1” (Tribunale di Palermo, 29 gennaio 2015).
Il rendiconto come strumento di valutazione del mandato. Il rendiconto condominiale è redatto, di norma, da parte dell'amministratore di condominio; esso riepiloga i dati contabili, fiscali del condominio degli edifici ed è in grado di esprimere, ove correttamente informato, le modalità di gestione dello stabile e l'efficacia delle politiche poste in essere nell'intervallo di tempo considerato.
La tempistica per la “resa del conto”. L'articolo 1130, n. 10, codice civile “obbliga” l'amministratore a presentare il rendiconto condominiale entro un dato termine, e cioè entro centottanta giorni; non è dato sapere oltre: nel senso che la norma in disamina non riferisce da quando poter far decorrere il termine addotto. Ad opinabile avviso di chi scrive, la data di presentazione del rendiconto dovrebbe esser fatta coincidere con il termine finale dell'anno finanziario, che in condominio degli edifici coincide, generalmente, con quello di chiusura dell'anno legale, e cioè col 31 dicembre di ciascun anno. L'amministratore sarebbe così tenuto a convocare l'assemblea dei condomini per discutere e deliberare sull'approvazione del rendiconto entro il 30 giugno di ciascun anno. Cosa poi succeda se non vi dovesse provvedere è altrettanto dubbio. Una rigida applicazione della norma condurrebbe a concludere che una tale condotta sia da sola sufficiente per chiederne la revoca giudiziaria, in quanto qualificabile come “atto di grave irregolarità gestionale”. Eppure, una più prudente meditazione del disposto condurrebbe a concludere diversamente. Laddove la tenuta della contabilità sia trasparente, e, ad ogni modo, l'amministratore provveda alla convocazione dell'assemblea dei condòmini per la finalità di che trattasi entro l'annualità di riferimento, l'omesso adempimento, da solo, non dovrebbe essere in grado di perfezionare la fattispecie della revoca giudiziaria.
I criteri per la redazione. La contabilità condominiale, per prassi, è una contabilità da tenere secondo il principio della “casa” e non quella della “competenza” (preferibilmente, utilizzando la tecnica della “partita doppia”). La differenza tra i due sistemi si coglie nella modalità di registrazione delle spese: mentre il criterio della “cassa” annovera la registrazione delle entrate e delle uscite soltanto se effettivamente sostenute, quello della “competenza” ne dispone l'annotazione nelle scritture solo quando esse siano maturate, essendo irrilevante la relativa percezione o erogazione delle somme di danaro. Il codice del condominio, in proposito, non prevede alcuna preferenza di sorta; tuttavia, dalla combinata lettura degli articoli 1130 nr 10 e 1130 bis c.c. sembrerebbe che il Legislatore abbia accordato la preferenza al sistema di registrazione delle spese per “cassa”, visto che, nelle norme in considerazione, si fa riferimento alla natura annuale del rendiconto e si chiede all'amministratore di evidenziare i rapporti in corso e le questioni in corso pendenti, oltre che di offrire in comunicazione ai condòmini, ove incalzato in proposito, i giustificativi di spesa (che, in quanto tali, sussistono in genere solo laddove emessi e quietanzati).
La “forma” del rendiconto. Dapprima, i criteri con cui l'amministratore poteva procedere alla redazione del rendiconto contabile erano piuttosto liberi, nel senso che non dovevano essere assecondati secondo i rigidi criteri con cui, invece, si procede alla redazione dei bilanci sociali. I parametri che dovevano informare la redazione dei rendiconti condominiali, pur sfuggendo da appigli formali di sorta, dovevano però ispirarsi a tre principi contabili: la chiarezza, la trasparenza e l'intelligibilità. Con la riforma del “Codice del Condominio” il legislatore ha tentato di mettere fine a tale incertezza, coniando una norma ad hoc, che fosse in grado di esprimere e sintetizzare i predetti assunti. Con l'articolo 1130 bis codice civile si è così tipizzato il contenuto del rendiconto, ivi precisando che esso deve necessariamente contenere le voci di entrata e di uscita ed ogni alto dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti […]”.
L'estratto del conto corrente condominiale. L'amministratore deve consentire l'immediata verifica delle poste contabili riportate in sede di rendiconto, e, quindi, sarebbe tenuto ad allegare al documento contabile anche i giustificativi bancari del caso. Il conto corrente condominiale – la cui adozione è ormai obbligatoria e a far data dall'entra in vigore della riforma del 2012 (e dalla cui stessa necessaria sussistenza, peraltro, è stata ricavata la tesi dell'autonomia patrimoniale in capo la stessa compagine condominiale) -, è in grado di segnare l'esistenza di tutta la movimentazione, in termini di dare avere, d'interesse del condominio degli edifici. L'estratto del conto corrente bancario o postale, con gli opportuni distinguo di sorta, potrebbe equivalere quindi al “registro di contabilità” periodica (pure previsto dall'articolo 1130 bis c.c.), in virtù del quale l'amministratore è tenuto ad annotare in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita.
Il dato giurisprudenziale. Il rendiconto condominiale è, altresì, funzionale al recupero dei crediti interni nei confronti dei condòmini morosi. L'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, ne prescrive il deposito in giudizio-monitorio, al fine di ottenere la clausola di provvisoria esecutività in calce al decreto ingiuntivo. La parte finale del rendiconto dovrebbe, dunque, essere riservata all'elenco delle morosità condominiale, previa indicazione, altresì, delle singole causali di pagamento. La giurisprudenza ha ritenuto che la mancata, analitica indicazione dei nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e degli importi da ciascuno di essi dovuti non incida sulla validità della delibera di approvazione del rendiconto (Cassazione Civile, 1544/2004). Cionondimeno, la giurisprudenza di merito ha obiettato che la mancata allegazione del prospetto della morosità impedisce la rendiconto di poter assurgere a prova del credito nei confronti del condòmino moroso, ai sensi della previsione di cui all'anzidetto articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile (Tribunale di Aosta 28 maggio 2014).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©