Condominio

È diffamazione dare dell'«animale» al vicino

di Patrizia Maciocchi

Può capitare a tutti di perdere le staffe. Ma occhio alla «comune sensibilità» quando si scelgono gli epiteti di cui gratificare i vicini. Scatta, infatti, la diffamazione per la condomina che davanti al giudice di pace e in presenza di più persone dà degli «animali» alla coppia che abita al piano di sopra.
Finisce in Cassazione (sentenza 35540/2016, depositata ieri) la storia di futili liti tra condòmini che, lungi dall'essere risolta dal giudice di pace, proprio in quella sede si aggrava. Durante l'udienza pubblica l'imputata aveva attirato l'attenzione di presenti sui suoi nemici pronunciando la frase incriminata «Questi non sono persone, sono animali». Inutile il tentativo di giustificare l'offesa come il risultato dell'esasperazione per i continui dispetti subiti dagli abitanti dei piani alti. Per la Cassazione non ci sono dubbi: dare dell'animale a qualcuno lede il suo decoro. Il termine offende l'onore del destinatario al quale si vuole attribuire mancanza di senso civico e di educazione: caratteristica, secondo la comune sensibilità, lesiva della reputazione. Il giudice non ha neppure considerato degno di clemenza il fatto che la spessa imputata portasse, ironia della sorte, un cognome da animale feroce (che omettiamo per questioni di privacy) e che quindi, in un certo senso, forse non avesse voluto essere offensiva (argomento, questo, peraltro non invocato dalla difesa).
Per l'imputata - alla quale lo sfogo costa 400 euro di multa più 1000 di spese processuali, oltre ai danni alla parte civile da quantificare - non può essere applicato neppure l'articolo 131-bis sulla particolare tenuità del fatto: un “beneficio” escluso quando, come nel caso esaminato, il ricorso è inammissibile.

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