Condominio

Fondo cassa, decisione a maggioranza semplice

di Selene Pascasi

È legittima la delibera con cui l'assemblea decide di approvare, a maggioranza semplice, l'istituzione di un fondo cassa per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari a ridurre il degrado in cui versa l'edificio. Lo puntualizza la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con sentenza n. 17035 del 19 luglio 2016, depositata lo scorso 11 agosto.
Il caso, che giunge a conclusione dopo circa 17 anni di processo, vede coinvolti il proprietario di un appartamento, parte di un complesso condominiale, e il condominio di appartenenza. Perno della vicenda? La delibera adottata dall'assemblea, nel lontano 1999, con la quale i condòmini decidevano di costituire un fondo cassa, pari a circa 50 milioni di lire, per assicurare copertura economica in previsione delle spese che, nell'imminente futuro, si sarebbero dovute affrontare per evitare il collasso dell'edificio. Delibera illegittima, secondo il ricorrente, poiché approvata senza la maggioranza prevista per le innovazioni. Il Tribunale non concorda e salva la delibera, ma l'uomo non si arrende e porta la questione dinanzi ai giudici di appello che, però, non mutano orientamento. L'assemblea, spiega il collegio di secondo grado, era stata già convocata per discutere e approvare lavori di adeguamento dell'impianto elettrico, di manutenzione della copertura e del lucernario della scala, nonché dell'impianto fognario e di tutto l'immobile, ridotto in serio stato di degrado. Occasione in cui nessuna delibera veniva approvata. Solo successivamente, infatti, il veniva istituito il discusso fondo cassa, rinviando, però, l'approvazione dei lavori cui era destinata la somma «ad epoca in cui vi fosse stato il nuovo amministratore». E considerato che le spese da sostenere «avrebbero riguardato opere di manutenzione ordinaria e straordinaria e non certo innovazioni», la maggioranza richiesta era quella del secondo comma dell'articolo 1136 del codice civile. Maggioranza, dunque, rispettata, essendo stata assunta la delibera grazie al voto di tutti gli intervenuti che rappresentavano – precisa la Corte – più della metà del valore dell'edificio. Decisione, pertanto, più che legittima. Non solo. La scelta assembleare risultava anche ampiamente giustificata dalla necessità di effettuare lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria, più volte rimandati. Il fondo cassa, peraltro, non poteva ritenersi neppure eccessivo nell'importo accantonato, posto che le opere da realizzarsi erano numerose, impegnative e comunque presunte, assenti preventivi già approvati. Contro la sentenza di appello arriva il ricorso in Cassazione, ma la seconda sezione civile, chiamata a pronunciarsi, lo rigetta e conferma quanto sancito dal collegio di merito. Innanzitutto, marca, è infondata l'eccezione sollevata dal ricorrente, circa la supposta inammissibilità della costituzione del condominio convenuto per mancata autorizzazione dell'assemblea e mancata successiva ratifica dell'operato di costituzione in giudizio dell'amministratore. In realtà, annota la Cassazione, in tema di condominio, l'amministratore può senz'altro resistere all'impugnazione della delibera assembleare senza necessità di autorizzazione o ratifica assembleare. Ciò, posto che – come rilevato anche dalla sentenza di legittimità n. 1451 del 23 gennaio 2014 – «l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso». Del resto, in base al disposto degli articoli 1130 e 1131 del codice civile, l'amministratore del condominio, così come è legittimato ad agire in giudizio per l'esecuzione di una deliberazione assembleare, lo è anche per resistere all'impugnazione della delibera stessa da parte del condomino e senza necessità di specifica autorizzazione assembleare, trattandosi di controversia riconducibile all'ambito delle sue normali attribuzioni. Ecco che – come annotato dalla Cassazione con pronuncia n. 8286 del 20 aprile 2005 – all'amministratore non occorrerà neppure munirsi si autorizzazione per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio. Assunto, questo, che non contrasta con quanto affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18331 del 6 agosto 2010, intervenute a specificare come l'amministratore, ove convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, è tenuto a dare pronta notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, tanto da potersi costituire in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza preventiva autorizzazione assembleare, salva ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, così da evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione. Contrasto che non sussiste, ove si consideri che l'ambito applicativo del criterio dettato dalle Sezioni Unite si riferisce, invero, soltanto a quei giudizi che esorbitano dai poteri dell'amministratore ai sensi dell'articolo 1131 del codice civile, commi 2 e 3. Tanto premesso, e tornando all'esame della sentenza n. 17035/2016, oggi in analisi, appare importante soffermare l'attenzione sulle parole spese dalla Cassazione circa la questione della maggioranza prevista per la delibera impugnata dal ricorrente. Impugnazione che, lo si ricorda, riguardava l'aver costituito il fondo-cassa senza contestualmente stabilirne la destinazione per l'utilizzo o meglio, l'averlo creato in previsione di spese straordinarie non determinate né determinabili e non collegate, con esattezza, ai lavori discussi in altra assemblea. Opere – reclama il condomino – in realtà già eseguite, contabilizzate e pagate con le notule mensili. Motivo infondato per la Corte di Cassazione: appartiene «al potere discrezionale dell'assemblea e non pregiudica né l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma – perché compensata dal corrispondente minor addebito, in anticipo o a conguaglio – l'istituzione di un fondo-cassa per le spese di ordinarie manutenzione e conservazione dei beni comuni». Nel ribadirlo, i giudici di legittimità ricordano altresì che l'onere per la costituzione di un fondo speciale per le spese di manutenzione straordinaria va ripartito tra i condomini in base ai criteri dettati dall'articolo 1123 del codice civile, se per la realizzazione di interventi non ancora specificati è possibile ripartire provvisoriamente la somma destinata alla costituzione del fondo in base ai millesimi di proprietà. Ebbene, i principi richiamati, scrive la Cassazione, sono stati correttamente applicati dalla Corte di Appello, quando, con sentenza, ha sancito la legittimità dell'istituzione – con delibera assembleare assunta con voto favorevole di tutti gli intervenuti, rappresentanti oltre la metà del valore dell'edificio – del fondo-cassa rivolto, in una situazione di grave dissesto dell'immobile, ad assicurare la copertura finanziaria occorrente per far fronte alle necessarie opere di manutenzione. Lavori, per di più, dettagliatamente elencati nella precedente assemblea e per i quali veniva deliberata l'istituzione del fondo, con rinvio, per l'approvazione delle opere, ad «epoca in cui vi fosse il nuovo amministratore». Ricorso, dunque, inevitabilmente respinto.

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