Condominio

Il condominio può impugnare il permesso di costruire se c’è rischio per le parti comuni

di Matteo Rezzonico

Per il Consiglio di Stato – sentenza 26 luglio 2016, numero 3330 - il condominio è legittimato ad impugnare, avanti al Tar, i titoli edilizi, rilasciati ad un terzo, (cosiddetto “richiedente”), la cui proprietà si trovi nelle vicinanze del condominio, se la costruzione comporti, (almeno in tesi), un intervento sulle parti comuni condominiali. E ciò indipendentemente dalla prova della sussistenza di un danno per il condominio. Ed infatti, il danno costituisce una questione di “merito” che non influisce sulla condizione dell'azione (cioè sul diritto all'impugnazione).
Nel caso affrontato dal CdS, un condominio aveva impugnato le concessioni edilizie comunali, rilasciate a norma dell'articolo 9 della legge 24 marzo 1989, numero 122, per la costruzione, da parte di un terzo (richiedente) - già proprietario di due appartamenti e di un box nelle vicinanze - di altre due autorimesse (non interrate), da collegare, con vincolo di pertinenzialità agli appartamenti. Come noto, l'articolo 9, comma 1, della Legge 122/1989 consente ai proprietari di “…realizzare nel sottosuolo degli stessi (n.d.r. cioè degli immobili) ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico…”. Senonché, nella fattispecie, secondo la prospettazione del condominio, a) il richiedente non aveva la proprietà degli immobili su cui intendeva edificare i parcheggi; b) le autorimesse non erano pertinenziali, secondo le previsioni della legge 122/1989 e dell'articolo 817 del Codice civile (mancava il rapporto di servizio o ornamento con la cosa principale); c) le autorimesse non erano interrate; d) l'opera avrebbe comportato la demolizione di un muro condominiale, senza che sul punto vi fosse l'autorizzazione da parte dell'assemblea.
Senonchè, in giudizio, era eccepita dal Comune la carenza di interesse ad agire del condominio, posto che l'area su cui sarebbero state realizzate le autorimesse non era di proprietà del condominio, (e, tra l'altro, neanche del richiedente), ma di un terzo del tutto estraneo al giudizio. Secondo il Comune, poi, la questione della pretesa demolizione del muretto condominiale avrebbe dovuto essere fatta valere in sede civile (davanti al giudice ordinario) e non amministrativa. Sul punto – ricordava tra l'altro il Comune – ogni titolo abilitativo “fa sempre salvi i diritti dei terzi”, derivanti dal Codice civile, tra cui anche quelli del condominio.
Per la cronaca, veniva prodotta agli atti, anche la sentenza della Corte di Appello di Firenze – resa nella causa civile, avanti il giudice ordinario, tra il condominio e il richiedente – che aveva confermato che la costruzione della rampa di accesso ai garages aveva sottratto una parte del piazzale condominiale all'uso degli altri condomini e che la demolizione di quasi la metà del muro condominiale aveva alterato la destinazione di sostegno della parte terminale del vialetto condominiale.
In tale contesto – come anticipato - circa l'eccepita carenza di interesse ad agire, il Consiglio di Stato, pur avendo respinto per altri motivi l'impugnazione del condominio, ha puntualizzato che per l'impugnazione dei titoli edilizi, deve essere riconosciuta una posizione qualificata e differenziata in favore dei proprietari di immobili siti nella zona in cui la costruzione è permessa ed a coloro che si trovano in una situazione di “stabile collegamento” con l'opera. Di conseguenza, «…è legittimato a impugnare il titolo edilizio ad altri rilasciato il Condominio che, lamentando la lesione, la riduzione della disponibilità delle parti comuni dell'edificio o l'indebita ingerenza nelle parti stesse, indipendentemente dalla circostanza dell'aver fornito la prova che i lavori contestati abbiano provocato uno specifico danno e, in particolare, una diminuzione del valore economico dei beni, costituendo questa una questione di merito irrilevante sulla condizione dell'azione…» (si veda, nello stesso senso, Consiglio di Stato, 2395/2016; 5160/2015; 3596/2013 e 3744/2010). Per il Consiglio di Stato, infatti, «…non è consentito al giudice di anticipare alla fase dello scrutinio della sussistenza dell'interesse e della legittimazione a ricorrere, la verifica del rispetto o meno dell'assetto prodotto dall'intervento contestato, perché è sufficiente l'astratta prospettazione della suscettibilità del contrasto con siffatto assetto ad arrecare pregiudizio a coloro che siano titolari di immobili ubicati nella zona ovvero che con la stessa abbiano comunque, anche a titolo diverso, uno stabile collegamento (e dunque, nella specie, anche al Condominio) a consentire di riconoscerne l'interesse e la legittimazione attiva al ricorso giurisdizionale avverso le scelte compiute».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©