Condominio

Lo stalker che disturba il vicino non può essere allontanato dal condominio

di Luana Tagliolini

Nel caso in cui lo stalker abiti nello stesso condominio della persona offesa, gli si può imporre il divieto di avvicinarsi nei luoghi frequentati dalla persona offesa ma non il divieto di dimora.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione Penale (sentenza n. 30926 del 19 luglio 2016) in merito “al reato di atti persecutori nel condominio”, riguardo ad un condòmino che aveva subito atti persecutori ( urla, offese ad alta voce, rumori creati di proposito, aggressioni fisiche) da parte di un altro condòmino, tali da sconvolgergli la vita e costringerlo a cambiare le abitudini.
Il Tribunale aveva vietava allo stalker di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa e, in particolare, gli vietava di avvicinarsi al condominio, salvo in determinate ore e previa comunicazione alla vittima.
Tale decisione veniva confermata, con ordinanza, dal Tribunale del Riesame mentre la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso dello stalker il quale sosteneva che il provvedimento appariva esorbitante rispetto alla richiesta del pubblico ministero il quale, trattandosi di liti condominiali, aveva chiesto al giudice di modulare al richiesta in modo da consentirgli di poter continuare ad abitare la propria casa.
I supremi giudici affermavano che la limitazione delle libertà fondamentali dell'imputato deve essere sempre e comunque operata in rapporto di proporzionalità con le esigenze cautelari e con le contrapposte esigenze di tutela della persona offesa, avendo riguardo alla peculiare manifestazione della condotta, ma deve evitare che la misura coercitiva finisca per perseguire finalità diverse da quelle ritenute adeguate e proporzionate al caso concreto.
Per la Corte, appariva evidente che il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, in considerazione che tanto la persona offesa quanto il ricorrente abitassero nello stesso stabile, avrebbe determinato l'applicazione, di fatto, anche della misura del divieto di dimora di cui all'articolo 283 codice di procedura civile (non richiesta dal pubblico ministero).
Nel caso in esame, poiché il divieto di dimora non poteva essere adottato, sarebbe stata corretta la decisione di imporre allo stolker il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa e di allontanarsi, da quest'ultima, in tutte le occasioni di incontro a prescindere dal luogo in cui possa verificarsi l'incontro.
In tal modo l'esigenza di tutela della persona offesa appare conciliabile con un adeguato sacrificio delle libertà della ricorrente che non può trasmodare in una limitazione di un diritto fondamentale quale quello collegato all'uso della propria abitazione al di là dell'effettiva tutela delle esigenze cautelari.
La Cassazione annullava, pertanto, l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo riesame da eseguirsi alla luce del principio espresso.

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