Condominio

Quando fallisce la società che amministra lo stabile

di Anna Nicola

Può capitare che una società in accomandita semplice sia dichiarata fallita. Anche Tizio e Caio, soci amministratori, sono falliti per estensione insieme alla società (art. 147 della legge fallimentare).
Per fallire devono ricorrere due elementi: l'elemento soggettivo, dato dallo svolgimento di attività commerciale; l'elemento oggettivo, costituito dallo stato di insolvenza. Per quanto concerne l'elemento soggettivo, a fatica ci si può riferire all'attività intermediaria nella circolazione dei beni (art. 2195, n. 3, del Codice civile.) o più in generale alla prestazione di servizi.
Ma cosa accade ai condomìni amministrati sia dalla società, sia dal singolo socio?
Dalla data del fallimento, tutto viene riportato alla procedura, comprese le varie utilità, non avendo neppure più la titolarità della corrispondenza. Gli effetti del fallimento possono distinguersi in effetti personali, patrimoniali e con i creditori. Il fallito viene privato della disponibilità e dell'amministrazione dei suoi beni, anteriori al fallimento e quelli che dovessero provenirgli durante la procedura (salvo alcune eccezioni indicate all'art. 46 della legge fallimentare). Tutti gli atti compiuti e i pagamenti eseguiti e/o ricevuti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Nei confronti dei creditori, il fallimento apre il concorso dei creditori: i suoi debiti si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento; le somme spettanti ai creditori condizionati vengono accantonate; la dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali per gli effetti del fallimento; sono precluse le azioni individuali dei creditori sui beni del fallito. Infine nei confronti dei terzi, sussistono le azioni revocatorie, ove ne ricorrano le condizioni.
Per i contratti in corso, vi è la sospensione del rapporto pendente, con facoltà di subentro o meno da parte del curatore (art. 72, co. 1, della legge fallimentare), ferma restando la sussistenza di una disciplina speciale per singole figure contrattuali. In rapporto condominiale rientra in una di queste. Il rapporto amministratore – condominio da sempre è inteso come mandato (si veda la Cassazione, sentenza 9082/2014), con caratteristica dell'intuitus personae. Si può allora concludere che si rientri nelle fattispecie dello scioglimento automatico con riferimento –appunto- al mandato, in caso di fallimento del mandatario (art. 78, co. 2, della legge fallimentare)
Quanto detto riguarda non solo il condominio che magari ha presentato istanza di fallimento ma concerne tutti i rapporti di mandato condominiale, sia della società, sia dei singoli soci (Tizio e Caio considerati individualmente)
Se poi non si condividessero queste conclusioni, sicuramente vi è la possibilità di revoca del proprio mandatario: le diverse ipotesi di gravi irregolarità che comportano la revoca giudiziale sono state indicate dal legislatore in termini esemplificativi, non esaustivi (art. 1129 del Codice civile)

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