Condominio

Niente ascensore se viola le norme su sicurezza e stabilità

di Luca Bridi

È nulla la delibera condominiale di installazione dell'ascensore qualora violi le norme di sicurezza e stabilità dell'edificio, poiché ritenuta innovazione vietata.
Sovente nei condomini si pone il problema dell'installazione di un ascensore in palazzi o edifici sprovvisti della stessa, molte volte edificati ai primi del Novecento o successivamente, ma comunque in situazioni di ristrettezza degli spazi e senza che l'ascensore fosse originariamente prevista nei progetti edificativi dell'immobile.
Tale è il caso di un palazzo dei primi del Novecento sito in Torino, certamente riconducibile allo stile Liberty, dove una condomina impugnava la delibera assembleare relativa all'approvazione dell'installazione dell'ascensore per i seguenti motivi:
a) l'ascensore non risultava conforme alla normativa riguardante l'abbattimento delle barriere architettoniche;
b) l'intervento era pregiudizievole per la sicurezza del fabbricato (in ragione della dimensione ristretta delle future scale) e per la sua stabilità (in ragione del probabile indebolimento strutturale conseguente al taglio dei gradini delle scale, in assenza di previsione di eventuali interventi per ripristinare/garantire la stabilità all'interno del progetto approvato);
c) l'intervento avrebbe determinato un'intollerabile compromissione dell'uso e del godimento della cosa comune da parte dei condomini quale conseguenza del ridimensionamento delle scale;
d) l'intervento avrebbe avuto un impatto estetico “devastante”, con “compromissione dell'eleganza dello stabile e quindi del valore economico dei singoli alloggi”.
Esperito il tentativo di mediazione senza successo, l'attrice citava il Condominio avanti al Tribunale di Torino.
Il Condominio si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda. Veniva disposta una CTU con riguardo alle caratteristiche dell'impianto approvato, quali risultanti dal preventivo approvato.
In esito al deposito della relazione peritale, le parti chiedevano concordemente la fissazione di precisazione delle conclusioni.
All'esito delle medesime e delle relative memorie, il Tribunale di Torino emetteva la Sentenza n. 3393/2016, pubblicata il 14/06/2016, RG n. 12296/2014, con la quale, in accoglimento del ricorso, annullava le delibere adottate dal Condominio e condannava lo stesso al pagamento delle spese processuali.
In particolare il Tribunale di Torino, nella valutazione dei motivi di impugnazione di parte attrice, li riteneva conformi al disposto dell'art. 1120, ultimo comma c.c., nella parte in cui vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio (nel caso di specie le scale), inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, ovvero che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.
Il riferimento ai limiti stabiliti dalla norma richiamata appariva pertinente, atteso che: a) secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, l'installazione di un ascensore in un edificio in condominio che ne sia sprovvisto costituisce, ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c., un'innovazione (cfr. Cass. n. 20902 del 08/10/2010; Cass. n. 9033 del 04/07/2001; Cass. n. 1529 del 11/2/2000); b) anche nel caso in cui l'innovazione sia diretta ad eliminare le barriere architettoniche, ai sensi dell'art. 2, comma 3 legge n. 13/89 resta fermo quanto disposto dall'art. 1120 c.c. nella parte sopra richiamata; c) nel caso di specie, si osserva incidentalmente, il Condominio convenuto ha comunque espressamente affermato che l'aspetto relativo all'eliminazione delle barriere architettoniche non é inerente all'oggetto di causa.
Nello svolgere l'accertamento de quo, pertanto, doveva essere inevitabilmente effettuato un confronto tra le condizioni e modalità di fruizione del bene comune in quanto la fattispecie di cui all'art. 1120, ultimo comma c.c. é integrata solo nel caso in cui “l'innovazione produca una sensibile menomazione dell'utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene” (Cass. n. 20639/2005) anteriore e successive all'innovazione.
Nel caso di specie, appariva rilevante che con la realizzazione dell'ascensore e il ripristino del corrimano, la luce libera di passaggio sarebbe invece ridotta a soli 83 centimetri, risultando così impedito il passaggio contemporaneo di due persone.
Infatti la presenza dell'ascensore non portava ad evitare l'utilizzo delle scale, atteso che l'ascensore può subire dei guasti.
Non solo, la drastica riduzione della larghezza delle scale rendeva impossibile il trasporto di un malato o di un ferito su barella attraverso le scale (esclusa, pacificamente, la possibilità di utilizzo a tale fine dell'installando ascensore), se non con manovre potenzialmente rischiose per la salute del trasportato.
Infatti la CTU aveva appurato che: «non sarebbe più possibile fare passare la barella sopra il mancorrente a causa dell'ingombro del castelletto; per fare passare la barella occorrerebbe inclinarla notevolmente (...), di circa 40° sull'asse del beccheggio o su quello del rollio».
Il Tribunale, pertanto, riteneva che i cambiamenti sopra evidenziati influivano in modo rilevante sulla naturale fruibilità delle scale.
In tale naturale fruibilità rientrava altresì l'uso delle scale in situazioni di emergenza, in quanto la funzione naturale delle scale é quella di consentire l'accesso e il recesso da ogni unità immobiliare per tutte le necessità di vita dei suoi occupanti, tra cui non può essere esclusa quella di ricorrere ad interventi sanitari d'urgenza e di poter accedere tempestivamente alle cure mediche anche in caso di impossibilità di deambulazione, non potendo gli incidenti domestici o i malori, soprattutto in caso di persone anziane, essere considerati eventi eccezionali.
Rilevava poi il Tribunale che la CTU aveva evidenziato:
1) che la cabina aveva dimensioni interne di 90 cm di profondità, 68 cm di larghezza ed accesso con luce netta di soli 60 centimetri;
2) che per raggiungere l'ascensore sarebbe comunque necessario percorrere una breve rampa di scale e che l'apertura delle porte di piano sarebbe manuale e non automatica.
In ultimo, sotto il profilo della sicurezza, non poteva non considerarsi come la larghezza delle scale rispettava la larghezza minima prescritta per gli edifici della sua tipologia dalla normativa antincendio; mentre con l'installazione dell'ascensore le scale avrebbero avuto un'ampiezza inferiore a quella minima di ben 22-25 centimetri. Pertanto, a prescindere dalla possibilità di ottenere il nulla osta dei Vigili del Fuoco, l'adeguato deflusso per il caso di evacuazione ne risultava pregiudicato.
Sempre sotto il profilo della sicurezza va ancora evidenziato che, secondo il CTU, con il taglio delle scale le “vibrazioni prodotte dal taglio, potrebbero aggravare eventuali fessure o cricche già presenti nelle lastre lapidee oppure punti di debolezza della muratura nel punto di incastro”.
Si riteneva infine l'intervento come deliberato dall'assemblea integrare gli estremi di una innovazione vietata.
Nello stesso senso anche la recente Sentenza del Tribunale di Roma n. 11062/2016 pubblicata il 31/05/2016, R.G. 28632/2012, laddove un condomino conveniva in giudizio il Condominio per sentire accertare e dichiarare la nullità/annullabilità della delibera assembleare, oltre che per mancanza di quorum, anche per violazione dell'art. 1120 c.c., essendo la delibera impugnata lesiva del diritto di proprietà, in quanto, se posta in esecuzione, l'installazione dell'ascensore avrebbe potuto essere potenzialmente lesiva della stabilità, nonché della sicurezza del fabbricato, soprattutto in caso di incendio.
A seguito di costituzione del Condominio e disposta una CTU, il Tribunale di Roma annullava la delibera impugnata e condannava il Condominio alle spese processuali, motivando la propria decisione col fatto che, con l'installazione dell'ascensore, si pongono, obiettivamente, inconvenienti alla concreta fruibilità delle parti comuni (le rampe), come l'aumento di difficoltà di transito per le scale di due individui affiancati o il trasporto di un soggetto su una lettiga, pur in presenza di una larghezza delle scale sufficiente secondo la nota del Ministero dell'Interno, C.N.V.FF. del 9.11.2005.
La Sentenza di merito del Tribunale di Roma si conforma all'indirizzo della Giurisprudenza di legittimità che, in tema di condominio negli edifici, ribadisce che, nell'identificazione del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'art. 1120 c.c., comma 2, il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione - coessenziale al concetto di innovazione - ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità. (Cass. n. 16486/2015).

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