Condominio

Quale efficienza energetica per l’Italia, se non si parte dagli edifici?

di Virginio Trivella - Renovate Italy

Quando si parla di strategia energetica il dibattito quasi sempre si focalizza sull'energia prodotta e invariabilmente si finisce col discutere su quanto il Governo appoggi oppure ostacoli le fonti rinnovabili. Noi invece vogliamo parlare di energia consumata e di quanta determinazione e impegno siano dedicati nel ridurla.
E' infatti necessario un piano industriale per la riqualificazione del patrimonio immobiliare nazionale.
Gli accordi della COP21 di Parigi, ratificati a New York nel mese di aprile, hanno conseguenze per i Paesi aderenti molto più impegnative rispetto a quelli precedenti (Protocollo di Kyoto, Strategia Europa 2020), sui quali sono stati costruiti i piani strategici italiani. La SEN (Strategia Energetica Nazionale), il PAEE (Piano di Attuazione per l'Efficienza Energetica) e i conseguenti provvedimenti attuativi dovranno essere aggiornati al più presto.
“Potrebbero servire più di due anni per scrivere un regolamento condiviso e dettagliato per una transizione radicale dai combustibili fossili.” È questo il quadro che emerge dalla conferenza sul clima di Bonn, il primo vertice successivo alla COP 21 in cui i delegati UNFCCC si sono incontrati dopo Parigi.
Il tempo che passa veloce, il senso di impellenza trasmesso dalla consapevolezza che il problema ambientale è reale, grave e urgente, suggeriscono, questa volta, di anticipare i tempi e agire al più presto.
L'obiettivo attuale di ridurre entro il 2020 il consumo di energia finale, rispetto al 2005, di 15,5 Mtep/anno dovrà essere sostanziosamente rivisto al rialzo.
Quali che saranno le linee guida dell'aggiornamento, un piano credibile non potrà eludere il tema chiave dell'enorme spreco causato dalla scarsa qualità energetica media del patrimonio immobiliare nazionale, che contribuisce ai consumi per quasi il 40% e che, almeno fino al 2013, è sempre stato in crescita nonostante gli incentivi e le norme più restrittive (ultimi dati pubblicati da ENEA: RAEE 2015).
Occorrerà potenziare lo specifico obiettivo del miglioramento della qualità degli edifici, il cui potenziale tecnico di risparmio, secondo tutte le analisi, ha dimensioni elevatissime e non viene sfruttato che in parte minima.
Puntare su questo obiettivo, che potrebbe essere chiamato a compensare anche eventuali ritardi nel miglioramento negli altri due settori energivori dell'economia (industria e trasporti), è un'operazione economicamente vantaggiosa per il Sistema Paese, se si presta fede ai molti studi internazionali che analizzano una molteplicità di fattori.
Benefici multipli
Secondo IEA (Capturing the Multiple Benefits of Energy Efficiency), investire risorse pubbliche nel miglioramento energetico del patrimonio immobiliare, oltre ai vantaggi energetici e patrimoniali per i proprietari, produce numerosi benefici per la collettività sotto i diversi profili della creazione di occupazione, del contenimento dell'inquinamento locale, della tutela della salute e dell'ambiente, del miglioramento della sicurezza energetica e molti altri ancora. Aspetti che, se pur difficili da quantifi¬care, superano abbondantemente i costi di investimento.
Dedicare qualche risorsa all'approfondimento di questi temi, nel contesto italiano, potrebbe essere di grande utilità: la quantificazione delle esternalità evitate fornirebbe senza dubbio argomenti a favore di una coraggiosa stagione di investimenti pubblici e di una valutazione della stabilità di bilancio che tenga in conto anche gli effetti economici di lungo periodo su ambiente e sanità.
Dovrebbe quindi essere attentamente valutata l'opportunità di profittare massicciamente della peculiarità – unica – degli investimenti in efficienza energetica (in via diretta sul patrimonio pubblico e attraverso l'incentivazione su quello privato) di generare risparmio, sfruttando in modo accorto l'ef¬fetto moltiplicatore dell'azione combinata con gli investimenti privati, in una congiuntura favorevole sotto il profilo dei tassi di interesse, in grado di attrarre i capitali verso l'economia reale.
Quali strumenti?
Sul fronte privato, l'ecobonus non è in grado di attivare i complessi interventi di riqualificazione integrata e profonda, capaci di ridurre drasticamente i consumi della metà e anche oltre. Solo lo 0,14 per mille delle superfici non finestrate dell'involucro degli edifici è stato riqualificato nel 2013 grazie all'ecobonus (cfr. http://www.enea.it/it/pubblicazioni/pdf-volumi/ExecutiveSummaryRapporto_5565_2013_.pdf e http://www.fivra.it/f/documenti/Rapporto_CRESME_set14.pdf).
Le analisi di Renovate Italy dimostrano che il fallimento dell'incentivazione non è dovuto alla sua intensità (65%) ma all'inadeguatezza del meccanismo, incapace di superare una serie di barriere che, semplicemente, non sono ancora state affrontate.
Se un cambio di passo nella riduzione dei consumi degli edifici deve essere affidato alla deep renovation, è necessario che gli strumenti di incentivazione siano tarati sulle sue esigenze. E oggi inequivocabilmente non lo sono.
Sul fronte pubblico, la meritoria attenzione del Governo per gli investimenti nell'edilizia scolastica è finalmente accompagnata dalla revisione del Conto Termico, strumento che ora sembra adeguato sotto il profilo tecnico (nonostante qualche perplessità sull'efficacia delle procedure nel caso, frequente, in cui sia necessario il cumulo di diverse fonti di finanziamento), ma non sotto quello delle risorse.
Un piccolo progetto di politica industriale
Le risorse sono un ingrediente fondamentale: senza investimenti non si fa efficienza.
Giudichiamo interessanti le dichiarazioni del nuovo Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, intenzionato a “verificare ogni singolo incentivo erogato per capire quali sono stati i ri¬sultati raggiunti in termini di soddisfazione dei clienti e di impatto”, se la sua intenzione non è solo di mettere in atto una generica spending review, ma di rendere più efficace l'azione pubblica e di trasformare, finalmente, le potenzialità di risparmio energetico in una realtà fatta di maggiore occu¬pazione, minore inquinamento, maggiore sicurezza energetica.
Ma di fronte alla gravità del problema ambientale e alla rilevanza delle opportunità offerte dall'efficienza energetica, forse il “piccolo progetto di politica industriale” di Calenda dovrebbe dotarsi di una più grande ambizione. La revisione degli incentivi finanziari, di competenza del MISE, dovrebbe essere condotta unitamente a quella delle agevolazioni fiscali, che competono al MEF, nell'ambito di una riforma fiscale che a oggi non ha dato seguito all'art. 15 della legge delega in tema di fiscalità energetica ed ambientale, e all'istituzione del Catalogo dei sussidi ambientalmente dan¬nosi che l'art. 68 del Collegato Ambientale pone in carico al Ministero dell'ambiente.
Uno studio realizzato dall'Università di Aarhus su commessa europea mostra che, per il nostro Paese, il potenziale per una riforma fiscale ambientale è maggiore di un ordine di grandezza rispetto ai 3 miliardi che Calenda si è impegnato a riordinare.
Ci sono i margini, e le motivazioni, per pensare a un grande progetto di politica industriale e ambientale, ma sembra chiaro che esso debba coinvolgere i Ministeri delle infrastrutture, del Lavoro e della Salute non meno di quelli dello Sviluppo Economico, dell'Economia e dell'Ambiente.
Tutti d'accordo
Anche perché, periodicamente, diversi esponenti dei vari dicasteri dichiarano il proprio favore per la riduzione dello spreco energetico del patrimonio immobiliare.
Il Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha recentemente affermato la volontà di proseguire sulla via dell'ecobonus; anche il Vice Ministro Enrico Morando ha dichiarato che il Governo è disponibile a stabilizzarlo per tre anni e ha tratteggiato un nuovo (e un po' misterioso) meccanismo per l'ammodernamento energetico dei condomini popolari.
Il Ministro delle Infrastrutture Graziano Del Rio, consapevole dell'effetto di stimolo all'economia dell'ecobonus, ipotizza un ruolo delle ESCo nei processi di rigenerazione dei condomini e manifesta l'intenzione di orientare gli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici verso la classe energetica, e di allargarne il campo d'azione dalla riqualificazione dei singoli appartamenti ai condomini o addirittura ad interi quartieri.
Lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi, alla Giornata della Terra, ha richiamato l'esigenza di coniugare ambientalismo e sviluppo, ponendo tra i punti del piano governativo lo sviluppo dell'efficienza.
Tutti d'accordo, dunque? Le parole sono rassicuranti ma, senza obiettivi chiari e misurabili e senza un coordinamento efficace tra i Ministeri per organizzarne consapevolmente l'attuazione in modo funzionale, rischiano di restare nulla più che dichiarazioni d'intenti.
Oltre la stabilizzazione dell'ecobonus
Riusciremo quest'anno a superare la prassi invernale della sola proroga delle detrazioni fiscali? Riusciremo ad avviare un dibattito parlamentare in cui si discuta di obiettivi, piani di sviluppo, barriere e soluzioni per rimuoverle?
Renovate Italy ha proposto la definizione di un nuovo meccanismo di incentivazione, articolato e dedicato alla riqualificazione profonda degli edifici, basato su un cambiamento di impostazione dello schema finora adottato, che comprenda la sua qualificazione a “fondo perduto”. Naturalmente non sono trascurate le ovvie implicazioni per il bilancio dello Stato.
La proposta è motivata dalla consapevolezza che uno dei motivi per cui gli investimenti in deep renovation non si attivano risiede nella natura di detrazione fiscale, che rende intrinsecamente incerto l'accesso all'incentivo e di fatto impossibile il suo trasferimento agli operatori finanziari.
I piani di riduzione delle emissioni, nazionale (PAEE), regionali (PEAR) e comunali (PAES), si affidano sistematicamente a cospicue quantità di interventi sul patrimonio costruito che, nel contesto attuale, non hanno alcuna realistica prospettiva di realizzazione.
Occorre dunque uno strumento significativamente più attrattivo rispetto agli incentivi “standard” e in grado di rimuovere le barriere esistenti, da dedicare esclusivamente agli interventi più in grado di realizzare riduzioni di consumo.
Impatto sul bilancio
L'impatto sul bilancio sarebbe mitigato dall'impostazione decennale, che sarebbe conservata (attribuendo peraltro un ruolo alle istituzioni finanziarie che oggi è scarsamente attivato); sarebbe com¬pensato dalla esplicita computazione delle retroazioni positive sui conti pubblici; potrebbe anche essere regolato attraverso il contingentamento delle risorse disponibili (che potrebbe avere l'effetto di accelerazione caro al Vice Ministro Morando), comunque a un livello sufficientemente elevato da risultare rilevante per capacità espansiva e contribuzione alla soluzione del problema ambientale.
Infine, come per tutti i processi di innovazione che richiedono una iniziale fase di stimolo, la maturazione del mercato, i meccanismi di emulazione, l'evoluzione delle prassi e l'innovazione tecnolo¬gica probabilmente renderanno in futuro, se non superfluo, meno impellente il ruolo dell'incentiva¬zione.
Quale strategia?
Il problema strategico dell'energia non si risolve con la sola transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Esistono ben definiti limiti alle risorse fisiche, biologiche, di spazio, di complessità sociale che non bisogna superare, al fine di non danneggiare in modo irreparabile il capitale naturale su cui si regge la vita sul pianeta, la società umana e in ultima istanza l'economia. L'utilizzo di qualsiasi risorsa fisica inclusa l'energia – anche quella da fonti rinnovabili - è soggetta a limitazioni (anche per le fonti rinnovabili l'energia restituita netta dagli impianti (tenendo conto dell'energia investita nel costruire l'impianto, l'infrastruttura di trasporto e stoccaggio, i costi di riparazione e manutenzione dell'ambiente) decresce col crescere della produzione totale - Moriarty 2011).
Premessa a una desiderabile e necessaria transizione energetica alle fonti rinnovabili è perciò una significativa riduzione dei consumi, realizzabile attraverso l'incremento dell'efficienza nelle modalità di uso dell'energia e con una scelta di sufficienza nella quantità totale di risorse materiali (energia e materia) mobilitate dall'economia umana.
Per il comparto civile significa migliorare le caratteristiche di isolamento termico e protezione solare degli involucri edilizi, ridurre le infiltrazioni e le perdite legate alla ventilazione, adottare impianti correttamente dimensionati e più efficienti. In termini sintetici, sprecare molto di meno anche attraverso scelte razionali di comportamento e investimento. Gli interventi di riqualificazione integrata e profonda degli edifici sono quelli che più sono in grado di ridurre i consumi. Gli investimenti in queste attività stentano però ad attivarsi a causa della presenza di una serie di ostacoli che devono essere rimossi.
Le regole e i requisiti minimi obbligatori devono orientare verso modelli virtuosi ma senza porre ostacoli aggiuntivi o traguardi troppo difficili da realizzare. Le prime esperienze lombarde di applicazione delle nuove norme per la manutenzione degli immobili e per la loro trasformazione in edifici a energia quasi zero (NZEB) stanno evidenziando una serie di criticità che dovranno essere affrontate.
I meccanismi di incentivazione non dovrebbero basarsi solo sulla premialità per gli interventi più virtuosi, ma dovrebbero essere prioritariamente finalizzati alla persuasione.
Per questi motivi la strategia di riqualificazione del patrimonio immobiliare nazionale dovrebbe combinare in modo accorto requisiti ragionevoli, strumenti efficaci di persuasione all'azione e progressivi meccanismi di dissuasione dell'inazione.

Hanno collaborato: Stefano Cera (Renovate Italy / FIVRA) e Lorenzo Pagliano (Politecnico di Milano – eERG)

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