Condominio

Nei casi di donazione può essere più difficile rivendere

Nella scelta di puntare al mattone come investimento il pensiero va spesso anche ai propri eredi. Nella valutazione dell’acquisto di una seconda casa può avere un ruolo non marginale l’idea che un giorno questa sarà dei propri figli, magari gli servirà per andare a studiare in una grande città nel caso si sia scelto di acquistare in una zona universitaria (per affittare, nel frattempo, a studenti). Tipicamente si decide di intestare l’immobile direttamente ai figli, per evitare di pagare l’Imu e le tasse d’acquisto sulla seconda casa e per prevenire il possibile inasprimento dell’imposta di successione (che oggi non si paga sotto il milione di euro). E magari per non dover ricorrere poi a un atto di donazione in futuro.

Le donazioni – si pensi anche al caso in cui l’immobile sia già in possesso dei genitori – possono infatti comportare due tipi di complicazioni. Da un lato altri eredi potrebbero rivendicare la parte di eredità a loro riservata dalla legge (la cosiddetta legittima, vedi scheda): non è infatti possibile usare la donazione per sottrarre beni al proprio patrimonio disponibile. Dall’altro, per lo stesso motivo, il bene risulta difficilmente rivendibile. Questo perché al momento della preparazione dell’eventuale futuro rogito, il notaio, rilevando una donazione negli atti di provenienza, metterà in guardia il potenziale acquirente dai rischi di rivalsa. La circolazione di un bene donato incorre in questi problemi per 20 anni dalla donazione o per 10 dalla successione.

Quando si effettuano liberalità è importante quindi valutare se queste rientrino o meno nella quota di patrimonio disponibile. «Bisogna però considerare la dinamicità di queste situazioni – commenta Arrigo Roveda, presidente del Consiglio notarile di Milano –. L’assetto che può sembrare equilibrato in vita, può non esserlo al momento della successione». Si potrebbe ad esempio pensare che una donazione verso un figlio unico decisa da entrambi i genitori o acquisti di case di pari valore per due o più figli possano mettere al riparo da complicazioni, ma potrebbero in futuro emergere le rivendicazioni di altri figli naturali o di altri coniugi nel caso in cui uno dei donanti si risposi in tarda età.

«Il legislatore – commenta Roveda – dovrebbe valutare soluzioni che semplifichino la circolazione del bene: più spesso di quanto si pensi compravendite immobiliari si bloccano o vengono risolte con costi elevati per la presenza di donazioni negli atti di provenienza del bene. Ma in realtà solo in pochissimi casi c'è un impedimento reale, cioè la possibilità concreta che qualcuno rivendichi quel bene». Capita così che si tenti di nascondere queste donazioni simulando una compravendita, con tutti i rischi di illegittimità che questo comporta e aggravando il passaggio di maggiori tasse. «Ogni operazione deve avere il suo corrispettivo atto – conclude Roveda – ed è assolutamente controproducente inventare una compravendita dove non c’è reale transito di denaro. Semmai, nel caso di passaggio di denaro ai figli, si può optare anche per un prestito infruttuoso: questo si potrà trasformare in donazione in caso di una futura remissione, ma nell’ipotesi che si complichi la situazione ereditaria si può trovare più facilmente una soluzione».

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