Condominio

Chi insulta l’amministratore in una lettera commette diffamazione e non ingiuria

di Edoardo Valentino

Compie reato di diffamazione e non di ingiuria chi scrive una lettera offensiva all'amministratore e la invia anche ad altri destinatari. Nel caso affrontato dalla Cassazione un soggetto, avendo reso dei servizi al condominio senza essere stato pagato, aveva apostrofato per iscritto con l'epiteto di “mentecatto” l'amministratore dello stabile che negava le sue spettanze.
Il giudice di primo grado aveva dichiarato la colpevolezza del succitato per il reato di diffamazione, trattandosi l'epiteto “mentecatto” di una affermazione offensiva, in questo caso portata alla conoscenza di più persone e come tale lesiva della reputazione dell'amministratore.
In appello il Giudice aveva sostanzialmente confermato le osservazioni del precedente grado di giudizio.
Il condannato ricorreva così in Cassazione sulla base di tre motivi di doglianza: in prima battuta egli negava la competenza territoriale del giudice adito, in seconda battuta egli lamentava una carenza di valutazione da parte del giudice di appello sulle prove fornite e da ultimo, come terzo motivo, chiedeva una diversa valutazione del fatto di reato, trattandosi la condotta tenuta di ingiuria e non di diffamazione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 11919 del 5 maggio 2016, rigettava tutti i motivi della parte ricorrente, cassando quindi integralmente il ricorso promosso.
In prima istanza, i Giudici di Legittimità analizzavano il terzo motivo di ricorso, considerato pregiudiziale rispetto agli altri due proposti.
Come detto, il ricorrente chiedeva una diversa valutazione del reato, come ingiuria aggravata (dalla circostanza di avere inviato la lettera ingiuriosa anche ad altri destinatari) invece del più grave reato di diffamazione.
La Corte, invece, rigettava tale valutazione affermando come il Codice Penale all'articolo 595, delinei la diffamazione come quell'offesa portata a conoscenza anche di altri ed anche in tempi differenti (come differente è il tempo di ricezione di varie lettere) e di contenuto lesivo della reputazione della vittima.
Inoltre la lettera era indirizzata a più soggetti e non indicava nel suo oggetto la dicitura “riservata personale”, essendo quindi certamente destinata ad essere letta da più persone.
Nel caso concreto, ad esempio, la lettera così come inviata veniva addirittura protocollata dall'ufficio dell'amministratore e veniva visionata da almeno due impiegati dello studio dello stesso.
In merito al primo motivo di doglianza, concernente la competenza territoriale, anche questo veniva rigettato.
La Cassazione, infatti, sottolineava il principio in ragione del quale nel caso concreto i luoghi di consumazione del reato erano plurimi ed erano quelli ove risiedevano i soggetti destinatari delle lettere.
In particolare i Giudici facevano riferimento ai criteri suppletivi della competenza in materia di procedura penale di cui all'articolo 9 del Codice di rito, che afferma al primo comma che “se la competenza non può essere determinata a norma dell'articolo 8, è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione”.
In merito al secondo motivo di ricorso, inoltre, anche questo veniva rigettato.
Secondo la difesa dell'imputato infatti la diffamazione sarebbe stata motivata da una precedente lettera dell'amministratore, e quindi sarebbe stata una giustificata reazione alla stessa.
La citata lettera, però, non veniva in alcun modo prodotta, vanificando quindi tale linea difensiva.
Al termine della sentenza quindi la Cassazione rigettava integralmente il ricorso confermando la condanna dell'imputato per diffamazione.
Si può concludere quindi che l'invio di lettere di contenuto offensivo e lesivo della reputazione qualora siano destinate esclusivamente all'amministratore integrino il reato di ingiuria, mentre quando queste vengano fatte pervenire anche ad altri soggetti l'offesa compiuta sia quella, più grave, di diffamazione.

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