Condominio

SPORTELLO MEDIAZIONE - 8. Mediazione e competenza del giudice di pace

di Federico Ciaccafava

Il quesito, pur avendo una indubbia valenza di portata generale, suscita un particolare interesse proprio per la materia condominiale, in quanto, ai sensi del vigente art. 7, comma 3, n. 2), cod. proc. civ., il giudice di pace è “... competente, qualunque ne sia il valore, per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case..”.

Tanto premesso, occorre registrare che, già all'indomani dell'entrata in vigore del D.lgs. n. 28/2010, un orientamento, predicato tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, non riteneva applicabile la condizione di procedibilità della domanda giudiziale nei procedimenti avanti al giudice di pace. Tale indirizzo muove principalmente da un'asserita incompatibilità tra la disciplina processuale speciale recata dagli artt. 311 e ss. cod. proc. civ. e quella dettata dal legislatore per la mediazione civile e commerciale. In particolare, i sostenitori di tale tesi fanno leva su due specifiche previsioni normative contenute nel codice di rito le quali sembrano collidere con la stessa ratio sottesa al tentativo obbligatorio di conciliazione: da un lato, l'art. 320 cod. proc. civ. laddove si prevede che il giudice, nella prima udienza, dia corso tanto all'interrogatorio libero delle parti, quanto ad un “tentativo di conciliazione”; dall'altro, l'art. 322 cod. proc. civ., il quale prescrive che il giudice possa essere adito per un “tentativo di conciliazione” in sede non contenziosa, ovvero senza che egli venga investito, altresì, della risoluzione della controversia insorta tra le parti, ed anzi pure quando tale controversia esorbiterebbe i limiti della sua competenza per materia o per valore.
Tale opzione esegetica, sottoposta al vaglio critico di parte della dottrina, ha finito tuttavia per rimanere sostanzialmente isolata. Infatti, per quanto riguarda il disposto dell'art. 320 cod. proc. civ. si è efficacemente osservato che se è vero che la richiamata disposizione rende tuttora obbligatorio il tentativo di conciliazione giudiziale davanti al giudice di pace, è parimenti innegabile che ciò non esclude affatto la necessità e/o l'opportunità che altri tentativi preliminari vengano esperiti onde evitare a monte la controversia, con conseguente risparmio in termini di risorse ed energie processuali (Cuomo Ulloa F.). Quanto alla conciliazione in sede non contenziosa, se ne è invece registrata la sostanziale e formale diversità rispetto all'istituto della mediazione: il procedimento risulta infatti gestito da un magistrato privo della specifica formazione che caratterizza la figura del mediatore; l'incontro si svolge nella stanza del giudice; il verbale resta depositato nel fascicolo d'ufficio custodito nella cancelleria del magistrato; l'ufficio del giudice di pace non figura affatto fra gli organismi riconosciuti dal ministero per svolgere la mediazione; lo stesso accordo, di conseguenza, presenta quindi un valore diverso rispetto a quello ottenuto in sede di mediazione e, soprattutto, non soddisfa la condizione di procedibilità stabilita dal D.Lgs. n. 28/2010 (Ravenna D.).
Inoltre si è osservato che l'art. 5 del D.lgs. n. 28/2010 non solo non sancisce alcun limite alla propria applicabilità in base al tipo di organo giudiziario adìto, ma lo stesso comma 1-bis assume valenza di disposizione generale, in quanto tale applicabile ad ogni tipo di controversia ivi menzionata, a prescindere dalla relativa competenza (Lupoi M. A.) Ancora: il disposto di cui all'art. 2 del medesimo D.lgs. n. 28/2010, inserito dal legislatore tra le disposizioni generali, prescrive che l'accesso alla mediazione è consentito a chiunque per la conciliazione di tutte le controversie civili e commerciali con la decisiva specificazione del solo limite costituito dai “diritti disponibili”.
In conclusione, pur mancando una specifica previsione normativa in grado di fugare dubbi ed incertezze in sede applicativa, e pur non potendosi quindi escludere a priori il rifiorire di posizioni inclini a negare l'obbligatorietà della mediazione nelle liti amministrate dal giudice di pace, si ritiene allo stato applicabile la condizione di procedibilità anche per tali controversie. In tali ipotesi, il giudice di pace, il quale rilevi il mancato esperimento del tentativo mediatizio, prima ancora di procedere al tentativo di conciliazione di cui al richiamato art. 320 cod. proc. civ., sarà quindi tenuto a differire l'udienza, fissando termine per avviarla dinanzi ad un organismo del suo mandamento iscritto nel registro ministeriale (Cuomo Ulloa F.).


Riferimenti normativi
Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, artt. 2 e 5
Cod. Proc. Civ. art. 7
Cod. Proc. Civ. art. 320
Cod. Proc. Civ. art. 322

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