Gestione condominiale, dubbi per le società tra professionisti
Le incompatibilità relative allo svolgimento della professione di avvocato sono attualmente disciplinate dall'articolo 18 della legge 247/2012.
Si rileva poi che l'orientamento della giurisprudenza, in linea generale, esclude in alcuni casi l'incompatibilità qualora venga dimostrato che il professionista iscritto all'albo svolga incarichi privi dei poteri di gestione e rappresentanza dell'ente.
In relazione al rapporto tra la professione forense e l'attività di amministrazione condominiale, sembra opportuno dar nota che il Consiglio Nazionale Forense, con Parere della Commissione consultiva, reso nella seduta del 20 febbraio 2013, mutando il suo precedente orientamento, ha escluso che l'interpretazione della legge 247/2012 di riforma dell'ordinamento professionale forense impedisca all'avvocato di esercitare l'attività di amministratore di condominio.
Secondo quanto espresso dal C.N.F. la ritenuta compatibilità tra esercizio della professione forense ed esercizio dell'attività di amministrazione condominiale “produrrà riflessi anche sul piano della disciplina fiscale e previdenziale della vicenda dovendo il relativo reddito considerarsi a tutti gli effetti di natura professionale e quindi, tra l'altro, soggetto anche a contribuzione a favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza forense”.
In altri termini quindi, l'attività prestata dal professionista iscritto all'albo forense come amministratore di condominio deve essere considerata esercizio dell'attività professionale di avvocato e, in quanto tale, soggetta al contributo previdenziale a favore della Cassa Forense.
Nel caso in esame però non si discute sulla compatibilità fra le due professioni ma sulla possibilità di ottenere incarichi di amministrazione non direttamente dall'assemblea dei condomini ma da una società di cui, peraltro, i due avvocati risultano soci di capitale, anche se non meglio specificato il rapporto delle partecipazioni al capitale sociale.
Salvo una più completa disamina del caso concreto, si ritiene di dover escludere l'ipotesi prospettata nel quesito.
In primo luogo infatti, seppur formalmente meri soci di capitale, i due professionisti con il conferimento degli incarichi da parte della società potrebbero assumere, di fatto, ed in considerazione sia della percentuale delle quote detenute che dell'opera effettivamente prestata, attività di gestione della costituenda società, violando in tal modo il divieto sancito dalla legge professionale.
Inoltre, l'ipotesi presupposta nel quesito potrebbe comportare astrattamente anche la violazione del divieto di accaparramento di clientela previsto dal codice deontologico forense.
In conclusione, viste le sanzioni previste in caso di accertata incompatibilità con la professione forense si ritiene, in ogni caso, opportuno richiedere in merito il previo parere del Consiglio dell'ordine degli avvocati competente.
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