Condominio

SPORTELLO MEDIAZIONE - 4. Tipologie di mediazione

di Federico Ciaccafava

Il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. Pur nella unitarietà della dell'istituto, dall'esame delle disposizioni contenute nell'articolato normativo si possono distinguere diverse tipologie di mediazione. Soffermiamo pertanto la nostra attenzione su tali figure al fine di rappresentare un quadro più articolato ed organico della mediazione latamente intesa.
Occorre premettere che il legislatore offre una nozione unitaria della mediazione, nozione che abbraccia tutte le tipologie in cui la stessa, come vedremo, si può articolare e scomporre. Infatti, per mediazione si intende l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (art. 1, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 28/2010).

Tanto premesso, il prototipo della mediazione è la mediazione c.d. obbligatoria. Tale è la mediazione in cui l'esperimento del tentativo di conciliazione della lite si pone appunto come obbligatorio, in quanto costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Tradotto in termini più semplici, ciò significa che, in riferimento a determinate controversie individuate dal legislatore secondo un criterio ancorato alla materia della lite – per esempio, condominio, diritti reali, etc. – la parte interessata a rivolgersi al giudice, in tanto potrà agire in giudizio, in quanto dimostri di aver previamente esperito il tentativo di conciliazione della lite con la controparte o le controparti. Naturalmente qualora il giudice adito rilevi che il tentativo di mediazione non è stato affatto esperito o, pur esperito, il relativo procedimento non si sia ancora concluso, provvederà a disporre un rinvio della causa fissando l'udienza dopo la scadenza del termine trimestrale di durata del procedimento (art. 5, comma 1-bis, del D.lgs. n. 28/2010).

Accanto a tale tipologia di mediazione, si pone la mediazione c.d. delegata. Tale è la mediazione sollecitata dal giudice il quale può in tal modo disporre direttamente l'esperimento del procedimento di mediazione, senza chiedere alcun consenso alle parti ed anche contro la loro volontà. Una volta ordinata dal giudice, tale forma di mediazione, applicabile a tutte le controversie e non solo a quelle oggetto di mediazione obbligatoria, è ritenuta, a sua volta, condizione di procedibilità della domanda giudiziale. In particolare, per espressa previsione normativa, si prevede che il giudice, anche in sede di giudizio di appello, “valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti”, possa disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, come anticipato, l'esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello (art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28/2010).

Altra tipologia di mediazione è la mediazione c.d. concordata. Tale è la mediazione che diviene obbligatoria per volontà delle stesse parti le quali predispongono ed inseriscono in un contratto, statuto o atto costitutivo, una clausola – detta clausola di mediazione appunto – con la quale le stesse si obbligano, prima di agire in sede contenziosa, a sottoporre, le eventuali controversie tra loro insorte, al procedimento di mediazione. La legge prescrive che se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e le parti non hanno esperito il previo tentativo di mediazione, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti medesime il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione fissando la successiva udienza dopo la scadenza del termine trimestrale di durata legale del procedimento. Anche in tale ipotesi, il giudice o l'arbitro dovranno procedere allo stesso modo nel caso in cui la mediazione risulti avviata ma non sia ancora conclusa. La domanda di mediazione è presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio della competenza degli organismi. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all'atto costitutivo, l'individuazione di un diverso organismo iscritto (art. 5, comma 5, del D.lgs. n. 28/2010).

Infine, un'ultima tipologia di mediazione è la mediazione c.d. spontanea. Tale è infatti la mediazione che ha luogo non per disposizione di legge – mediazione obbligatoria – per ordine del giudice – mediazione delegata – o per disposizione convenzionale – mediazione concordata – ma appunto per spontanea adesione delle parti in lite le quali possono, anche congiuntamente, decidere di avvalersi del procedimento di mediazione per tentare di comporre la controversia che le oppone. Infatti, la legge prescrive che “Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili” (art. 1, comma 1, del D.lgs. n. 28/2010). Qualora la scelta della parte o delle parti si manifesti in tale direzione, il procedimento di mediazione si svolge secondo le disposizioni contenute nel D.lgs. n. 28/2010 con tutto il consequenziale corredo di benefici ed agevolazioni previsti da tale testo normativo. Mancando un obbligo legale o convenzionale che impone lo svolgimento della mediazione, ciascuna parte sarà comunque libera di agire in giudizio anche prima dello spirare del termine trimestrale di durata legale del procedimento.

Riferimenti normativi
Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, artt. 1 - 5

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