Condominio

La delega non impegna il delegante sul piano negoziale

di Paolo Accoti

La partecipazione del delegato alle assemblee condominiali è finalizzata alla rappresentanza condominiale del delegante, pertanto, tale rappresentanza condominiale non comporta alcun potere di impegnare lo stesso sul diverso piano negoziale del riconoscimento dei vizi dell'immobile e dell'assunzione delle conseguenti obbligazioni.
Ciò è stato affermato di recente dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 3357, pubblicata in data 19.02.2016, la quale ha avuto modo altresì di ribadire come, in senso contrario, non è possibile neppure invocare il principio dell'apparenza del diritto, con il quale si tutela l'affidamento incolpevole del terzo che abbia contrattato con colui il quale appare legittimato ad impegnare altri, in virtù del fatto che tale principio presuppone la duplice e concorrente condizione della buona fede di chi invoca l'applicazione e il comportamento perlomeno colposo di chi ha indotto la situazione di apparenza (Tra le tante: Cass. civ., Sez. III, 4/11/2014, n. 23448).
Salvo che il contrario non risulti dalla delega, con il conferimento di esplicito mandato, ex art. 1703 c.c., a compiere uno o più atti giuridici per conto del delegante e fermi restando i requisiti di forma ad substantiam che l'atto deve contenere per la sua validità, di talché, qualora vengano in rilievo diritti reali, vi è la necessità della forma scritta.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, vedeva contrapposti il Condominio e la società costruttrice e venditrice del fabbricato, nell'ambito di un giudizio che atteneva ai vizi e difetti delle parti comuni dell'edificio.
La domanda veniva accolta in primo grado, con la condanna della società costruttrice, al pagamento dei danni, tuttavia, sull'appello proposto dalla soccombente, il giudice del gravame ribaltava la statuizione, rigettando la domanda del Condominio.
La Corte d'Appello, riteneva fosse privo di alcun valore il riconoscimento dei vizi all'immobile, operato in seno all'assemblea condominiale dal delegato della società, sulla scorta della circostanza per la quale, non risultava provato che lo stesso fosse dotato di poteri rappresentativi tali, da impegnare la società delegante.
Il Condominio ricorreva in cassazione, deducendo, tra l'altro, l'incolpevole affidamento dello stesso, in merito agli effettivi poteri di rappresentanza del delegato, sulla scorta del fatto che il delegato aveva sempre intrattenuto rapporti con il Condominio, in nome e per conto della società costruttrice - alla quale peraltro erano stati sempre inviati regolarmente i verbali assembleari - anche per iscritto e su carta intestata della società e invocava, a tal uopo, il principio dell'apparenza del diritto.
Di contrario avviso, tuttavia, risulta il giudice di legittimità, che ritiene le doglianze infondate.
Sostiene la Suprema Corte, che dalla sentenza impugnata si evince che la partecipazione del delegato alle assemblee condominiali risultava esclusivamente diretta alla rappresentanza condominiale della società delegante, siccome proprietaria di alcuni locali ubicati nello stabile in Condominio.
Pertanto, un siffatto genere di rappresentanza non poteva avere altro scopo per la società, se non quello di partecipare all'assemblea in veste di condomina. Doveva conseguentemente escludersi qualsiasi potere del delegato di “impegnare la società sul diverso piano negoziale del riconoscimento dei vizi dell'immobile e dell'assunzione dell'obbligazione di eliminazione”.
Né potrebbe farsi utile ricorso al principio, pur applicabile alla materia condominiale, dell'apparenza del diritto, posto a salvaguardia dei diritti dei terzi che abbiano incolpevolmente fatto affidamento sui poteri di rappresentanza di chi, pur apparendo tale, non era effettivamente dotato di tali facoltà, in virtù del fatto che “l'operatività di tale principio è subordinata alla duplice condizione che sussista la buona fede di chi ne invoca l'applicazione e un comportamento almeno colposo di colui che ha dato causa alla situazione di apparenza”, come affermato da detta Corte anche in precedenza.
Ed invero, è ius receptum che, in tali casi, per l'affermazione del principio dell'apparenza, sia necessario dapprima dimostrare che il falsus procurator con il suo comportamento, sia esso colposo o doloso, abbia fatto sorgere nel terzo il convincimento incolpevole che tale soggetto agisca sulla scorta di un potere effettivamente conferitogli dal rappresentato e, quindi, che quest'ultimo sia esente da qualsivoglia responsabilità, quand'anche colposa, anche in termini di omesso controllo in merito all'operato del falso rappresentante.
Solo al verificarsi di entrambe le anzidette condizioni, possono insorgere delle obbligazioni a carico dell'apparente rappresentato, anche in ambito condominiale, dove il principio dell'apparenza del diritto, a seguito del noto renvirement della Suprema Corte, risulta pienamente applicabile siccome funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale.

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