Condominio

Chi cade sulle scale deve provare il nesso di causalità con l’incuria del condominio

di Luana Tagliolini

Non è scontato il risarcimento a chi cade per le scale all'interno del condominio e lamenti di aver subito un danno, se non dimostra il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno.
Si tratta di un'ipotesi di responsabilità oggettiva, prevista dall'articolo 2051 codice civile, che si fonda sul mero rapporto di custodia, vale a dire sulla relazione intercorrente tra la cosa e colui che esercita l'effettivo potere su di essa.
Il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da fortuito (Tribunale di Milano, sentenza n. 13031 del 2007).
Applicando tali principi la Corte di Cassazione (ordinanza n. 3875/2016) ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva che venisse dichiarato responsabile il condominio ex articolo 2051 c.c. per il danno subito a seguito di caduta sui gradini della scala condominiale a causa della presenza di materiale scivoloso.
L'unica testimonianza idonea a confermare la tesi della danneggiata era quella del figlio della medesima e, perciò, ritenuta poco attendibile, il quale, peraltro, aveva parlato della presenza di un liquido simile a quello che esce dai sacchetti dei rifiuti.
I supremi giudici hanno ritenuto che, pur potendosi dare per dimostrato che la signora era caduta sui gradini della scala condominiale nel giorno e nell'orario indicati in citazione, era rimasta, invece, mancante la prova sicura sia delle modalità della caduta sia dell'effettiva presenza sui gradini del materiale scivoloso che avrebbe causato la caduta medesima.
La circostanza, poi, che il liquido provenisse dai sacchetti dei rifiuti, ove pure fosse stata vera, sarebbe stata tale da escludere ogni responsabilità del Condominio, dato il carattere imprevedibile della medesima.
Secondo un orientamento pacifico della giurisprudenza della stessa Corte, l'applicazione delle regole di cui all'art. 2051 c.c., (responsabilità oggettiva da custodia) presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sé statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (sentenza 5 febbraio 2013, n. 2660).
Infatti ‹‹non è configurabile un generale obbligo di custodia della cosa oggetto della proprietà, nel senso che il proprietario non ha il generale e assoluto dovere di adottare misure idonee ad impedire che alcun estraneo venga in contatto con la cosa stessa e se ne faccia strumento per attentare all'integrità altrui ››.
Tale obbligo sussiste solo quando ‹‹il bene possa costituire di per se stesso la fonte di un pericolo per chi ne venga a contatto o se ne serva, e si atteggia in maniera diversa a seconda della natura del bene e della sua pericolosità›› (Cass. sent. n. 1836/68).
Così la scelta di affrontare la discesa delle scale, nonostante fossero bagnate, non è imputabile a responsabilità del custode ma costituisce la consapevole assunzione di un rischio, nell'erronea valutazione di trovarsi nella condizione di poter affrontare la discesa in condizioni di sicurezza (Tribunale di Milano, sentenza n. 13031 cit.).

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