Condominio

Un decreto ingiuntivo per far pagare i debiti al condomino moroso

di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci

La questione della morosità in condominio, visto il costante aumento delle insolvenze, è stata affrontata con decisione dalla legge di riforma 220/2012, che ha attribuito più poteri e responsabilità all’amministratore. Questi, come disposto dall’articolo 1129 del Codice civile, «salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso». Così, nel caso in cui un condomino non paghi le spese comuni - e tra queste rientra anche la quota per il riscaldamento centralizzato - l’amministratore è obbligato ad agire giudizialmente contro il moroso. Dapprima (ma è facoltativo) inviando al diretto interessato una lettera di sollecito; quindi, senza che sia necessaria l’autorizzazione dell’assemblea, ottenendo un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. Sarà poi il giudice, sulla base del rendiconto e del riparto delle spese prodotti dall’amministratore, a obbligare il moroso a saldare i suoi debiti, pena il pignoramento dei beni.

L’eventuale copertura

Le numerose pratiche che affollano gli uffici dei tribunali rendono, però, l’iter giudiziario lungo e non sempre agevole; per questo, in attesa di recuperare i crediti, l’amministratore può chiedere ai condòmini in regola con i pagamenti di coprire le spese mancanti, ognuno contribuendo in percentuale ai propri millesimi di proprietà, ricalcolati con l’esclusione del moroso. Un meccanismo sicuramente “ingiusto”, ma che in sostanza serve a evitare l’interruzione del servizio - previsto da alcune clausole inserite nei contratti di fornitura - anche se, in base all’articolo 1565 del Codice civile, è comunque necessario un «congruo preavviso».

In effetti, alla società fornitrice poco importa se qualche condomino non è in regola con i pagamenti: il suo interlocutore, come rappresentante del condominio, è l’amministratore, che, come recita il riformato articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, è peraltro tenuto a trasmettere ai creditori, che ne avanzino richiesta, i nominativi e le quote di debito dei morosi, affinché possano agire nei confronti di chi non ha pagato e, solo se il tentativo fallisce, verso l’intero condominio. Un’azione che si può definire “surrogatoria”, nel senso che si realizza soltanto in caso di mancato intervento dell’amministratore.

Tale possibilità, se da un lato mira a tutelare i condomini virtuosi, dall’altro rende particolarmente complicato il recupero del credito per i fornitori. Così, nonostante le buone intenzioni della riforma, nella maggior parte dei casi dopo il primo tentativo a vuoto, si finirà per agire nuovamente nei confronti dell’intero condominio.

La «cassa comune»

Anche per questo motivo in alcuni stabili, si è deciso di istituire uno speciale fondo cassa dal quale attingere in caso di necessità e al quale contribuiscono tutti i condòmini, in proporzione ai millesimi di proprietà.

Per la giurisprudenza (si veda, ad esempio, Cassazione 3463/1975), in tema di costituzione di un fondo cassa per sopperire all’inadempimento di condomini morosi, «non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condòmini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi; invece, nell’ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme, come nel caso di aggressione in executivis da parte di creditori del condominio, in danno di parti comuni dell’edificio, può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale, similmente a quanto avviene in un rapporto di mutuo, tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo cassa ad hoc, tendente a evitare danni ben più gravi nei confronti dei condòmini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva, operante ab externo».

Il principio può valere anche dopo l’entrata in vigore del rinnovato articolo 63 del Codice civile, secondo cui «i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condòmini».

La sospensione

Sempre l’articolo 63 prevede poi che, «in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato». Ciò significa bloccare per esempio l’erogazione del riscaldamento nell’appartamento del proprietario moroso, sempre a condizione che la conformazione dell’impianto lo consenta. Anche dopo l’entrata in vigore della riforma, però, l’interruzione della fornitura – per la quale non è più richiesto che la previsione sia inserita nel regolamento condominiale – resta una questione dibattuta. Anche perché sull’argomento i giudici continuano a esprimersi in modo differente.

Solidarietà ed eredi

Inoltre, qualora il condomino moroso ceda il suo immobile, il nuovo proprietario resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi relativi all’anno in corso e agli anni precedenti, e, comunque, per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Infine, in caso di morte del moroso, saranno gli eredi a rispondere dei suoi debiti, in proporzione alla quota d’eredità attribuita a ciascuno di loro o, in mancanza di testamento, secondo le regole della successione legittima.

Nel condominio in cui abito il proprietario di un appartamento non paga da mesi la quota spettante per il riscaldamento centralizzato. Durante l’ultima assemblea di condominio, l’amministratore ci ha spiegato come, per evitare il rischio che l’ente erogatore del gasolio interrompa il servizio, spetti a noi condòmini in regola con i pagamenti accollarci la quota del proprietario moroso. Non esiste un modo per evitare questa ulteriore spesa? E inoltre, qualora dovessimo pagare, è quantomeno possibile interrompere la fornitura al condomino inadempiente?

p. t. - pescara

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