Condominio

La sospensione dei servizi di acqua e riscaldamento dopo la riforma

di Ettore Ditta

Fonte: Consulente Immobiliare


Dopo la legge 220/2012 di riforma del condominio sono state emesse numerose decisioni riguardo alla possibilità di sospendere i servizi di acqua e di riscaldamento, ma l'applicazione del nuovo articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ. ha avuto luogo in maniera difforme rispetto alle aspettative.

L’amministratore può sopsendere i servizi comuni indispensabili al condomino moroso?
L'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., dopo la riforma introdotta dalla legge 220 del 11 dicembre 2012, stabilisce che, in caso di mora nel pagamento dei contributi protrattasi per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. La nuova disposizione è stata considerata dai primi interpreti come un ulteriore strumento messo a disposizione dell'amministratore per scoraggiare la morosità dei condomini attraverso la minaccia della sospensione dei servizi comuni indispensabili (come la fornitura dell'acqua, il riscaldamento e simili) per il normale utilizzo delle unità immobiliari, ma le ottimistiche aspettative iniziali sono state in parte deluse dalle prime decisioni giurisprudenziali emesse in proposito.
Come sempre, tuttavia, bisogna tenere presente che la sentenza o l'ordinanza che viene emessa dal giudice nell'ambito di un procedimento giudiziario mantiene uno stretto riferimento al caso specifico oggetto della controversia, anche se applica un principio di carattere generale e che, proprio per questo motivo, decisioni difformi in apparenza senza alcun motivo oppure addirittura in contrasto fra di loro emesse riguardo a problematiche analoghe in occasioni diverse trovano invece la loro (valida) giustificazione nella peculiarità delle specifiche vicende da cui sono sorte le controversie, senza costituire così applicazioni contrastanti della stessa norma, come invece potrebbe fare supporre una loro lettura superficiale.
Con riguardo alla problematica della sospensione dei servizi ai sensi dell'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., però, va rilevato fin da ora che in effetti al momento le prime applicazioni non si presentano univoche, come si può desumere dall'esame delle decisioni.

L'applicazione dell'art. 63, comma 3, disp. att. cod. civ.
Riguardo alla sospensione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato una prima decisione (Trib. Lecco, ord. 29 dicembre 2014) ha stabilito che la circostanza che un condomino sia moroso da oltre un semestre, che detta morosità persista e che lo stesso condominio continui comunque a godere di tutti i servizi comuni, omettendo qualsiasi pagamento degli stessi, integra pienamente i presupposti applicativi dell'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., come sostituito dall'articolo 18 della legge 220/2012; e che di conseguenza deve essere accolta la domanda promossa dal condominio mediante il procedimento sommario previsto dall'articolo 702-bis cod. proc. civ. e diretta ad ottenere l'autorizzazione dal Tribunale a sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni di riscaldamento e acqua.
La motivazione dell'ordinanza è davvero essenziale e non fa altro che affermare quanto è stato appena riassunto, dimostrando così che il Tribunale di Lecco ha optato per una applicazione letterale dell'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ.
Nello stesso senso si è posto il Trib. Modena con l'ordinanza 5 giugno 2015, la quale ha stabilito che il disposto normativo dell'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., attribuisce - in via di autotutela e senza ricorrere previamente al giudice - all'amministratore condominiale il potere di sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, e, dopo la modifica normativa che ha eliminato la previsione “ove il regolamento lo consenta”, l'esercizio di tale potere configura un potere-dovere dell'amministratore condominiale il cui esercizio è legittimo qualora la sospensione sia effettuata intervenendo esclusivamente sulle parti comuni dell'impianto e senza incidere sulle parti di proprietà esclusiva del condomino moroso.
Nel caso deciso dal Tribunale di Modena un condomino moroso si era visto escludere dalla fornitura di acqua corrente la porzione di sua proprietà esclusiva e aveva quindi proposto ricorso al Tribunale chiedendo un provvedimento di ordine di cessazione della suddetta esclusione, pur riconoscendo la sua perdurante insolvenza nel pagamento delle spese condominiali e il fatto che l'assemblea condominiale aveva deliberato la sospensione dell'approvvigionamento idrico nell'appartamento del ricorrente, con conseguente esecuzione della delibera da parte dell'amministratore condominiale; ma il Tribunale aveva rigettato il ricorso e il ricorrente aveva allora presentato un ulteriore ricorso chiedendo in via principale la reintegrazione nel possesso ai sensi degli articoli 1168 cod. civ. e 703 cod. proc. civ. e, in subordine, l'emissione di un provvedimento d'urgenza sensi dell'articolo 700 cod. proc. civ., affinché fosse disposta l'immediata reintegrazione nel possesso del servizio di rete idrica, ordinando al condominio di provvedere al ripristino del servizio, oppure, in via subordinata, di ordinare al condominio l'immediato ripristino dell'erogazione della fornitura d'acqua, lamentando la sussistenza di danni irreparabili derivanti dal dover vivere in un immobile privo di una fornitura essenziale come l'erogazione di acqua corrente.
Va rilevato che peraltro l'immobile era intanto oggetto di un procedimento di esecuzione forzata.
Il Tribunale, riguardo al secondo ricorso, ha innanzitutto affermato che il ricorrente era privo di legittimazione attiva, in quanto al momento rivestiva il ruolo di occupante senza titolo dell'immobile, avendo dapprima perso, con il pignoramento, il possesso, e avendo dopo perso, con la qualifica di custode, anche la detenzione semplice. Il Tribunale ha poi dichiarato il ricorso infondato nel merito, per la mancanza di un oggetto di possesso e conseguentemente dello spoglio nel caso concreto, dal momento che il “servizio di rete idrica” non può essere, di per sé, oggetto di possesso, essendo privo di supporto materiale; mentre lo spoglio di servitù di acquedotto non è configurabile nel caso di un occupante abusivo, dato che quest'ultimo non ha il diritto di utilizzo delle acque previsto dall'articolo 1033 cod. civ. Il Tribunale ha anche aggiunto che qualora invece l'oggetto del possesso venga individuato nell'acqua potabile, allora si deve tenere presente che nel contratto di somministrazione vi è l'assenza materiale di un oggetto di possesso e di spoglio, perché l'interruzione di fornitura non comporta spoglio essendo l'acqua in corso di prelievo già consumata (o accumulata), mentre non è configurabile lo spoglio per quella ancora da erogare, che non può essere oggetto di possesso attuale, perché prima dell'apprensione vi è soltanto una potenziale disponibilità del bene, realizzabile mediante la concreta utilizzazione soltanto con la persistente collaborazione dell'ente erogatore e, nel caso concreto, del condominio.
Come si è già detto, il Tribunale ha poi affermato che il disposto normativo dell'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., attribuisce - in via di autotutela e senza ricorrere previamente al giudice- all'amministratore condominiale il potere di sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, e, dopo la modifica normativa che ha eliminato la previsione “ove il regolamento lo consenta”, l'esercizio di tale potere configura un potere-dovere dell'amministratore condominiale il cui esercizio è legittimo nel caso in cui la sospensione sia effettuata intervenendo esclusivamente sulle parti comuni dell'impianto, senza incidere sulle parti di proprietà esclusiva del condomino moroso.
Il Tribunale ha infine preso in considerazione anche l'aspetto della eventuale esclusione dei “servizi essenziali” dall'ambito di operatività dell'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., a pena di evitare la lesione di diritti fondamentali della persona connessi all'uso dell'abitazione, rilevando che, a prescindere dalla correttezza o meno di tale impostazione, nella specie non era pertinente in quanto non sussisteva alcuna posizione di uso legittimo dell'abitazione tutelabile, essendo il ricorrente un occupante senza titolo dell'immobile, e dunque non poteva essere eseguito alcun bilanciamento.
Non essendo in definitiva contestata, in fatto, la sussistenza dei presupposti per l'esercizio del potere previsto dalla norma (mora nel pagamento dei contributi condominiali protratta per oltre un semestre), il ricorso è stato rigettato, ma nel corso del giudizio, il condomino moroso aveva cessato di esserlo - come si è già detto - perché l'immobile era stato intanto pignorato.
Una terza decisione favorevole alla sospensione della fornitura d'acqua (in realtà non sospesa del tutto, ma soltanto ridotta) - effettuata però non da parte dell'amministrazione condominiale, bensì da parte dell'ente erogatore a causa della persistente morosità di alcuni condomini che impediva il regolare pagamento delle fatture - è l'ord. 17 luglio 2015 del Tribunale di Alessandria la quale (nel giudizio di reclamo contro una precedente ordinanza, emessa ex articolo 700 cod. proc. civ. su istanza di alcuni condomini facenti parte di un condominio moroso, che aveva ordinato all'ente erogatore locale di ristabilire l'ordinario flusso di acqua in favore dei ricorrenti, sulla base della considerazione che questi ultimi avevano provato di essere in regola con i pagamenti per il consumo di acqua secondo il rendiconto delle spese ordinarie e che in tal modo sorge in capo ai condomini non morosi l'onere di sollecitare l'amministratore a corrispondere al fornitore le quote condominiali già incassate, in modo da realizzare un adempimento quantomeno parziale, e in capo all'amministratore, il potere di sospendere i condomini morosi dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, ma ciò non legittima il fornitore a ridurre indiscriminatamente il servizio nei confronti del caseggiato) ha accolto il reclamo, rilevando che la circostanza che alcuni dei condomini avessero versato al condominio le loro quote relative alle spese ordinarie di gestione (comprese quelle relative al servizio idrico) attiene solo ai rapporti tra condomini, ma non assume nessun rilievo nei rapporti con un soggetto esterno e precisando che nel rapporto giuridico esistente tra l'ente erogatore e il condominio, quindi, non si può ravvisare alcun adempimento parziale, dal momento che i condomini non morosi non avevano provveduto a pagare le loro quote del debito complessivo direttamente all'ente erogatore (pagamento che comunque non sarebbe idoneo a estinguere il debito) e l'amministratore non aveva provveduto a versare alla società fornitrice le somme versate da quei condomini nelle casse condominiali per il servizio idrico.
L'ordinanza si fonda sul principio secondo cui a fronte di un contratto di fornitura che vincola il condominio soltanto l'amministratore è legittimato a provvedere al pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo del servizio erogato, con la conseguenza che il pagamento eventualmente eseguito dal singolo condomino non è idoneo ad estinguere il debito nei suoi confronti. Nella sua motivazione il Tribunale di Alessandria ha rilevato che il contratto di erogazione di fornitura di acqua potabile intercorreva tra il condominio e il fornitore, che il condominio si era reso moroso del pagamento della fornitura per una somma rilevante (superiore a € 19.000) e non si era opposto il decreto ingiuntivo emesso a suo carico dal Tribunale, che alcuni condomini erano in regola con il pagamento delle quote richieste dall'amministratore in relazione alle forniture idriche; ma a tal proposito ha pure ricordato la decisione della Suprema Corte (Cass., sent. n. 3636 del 17 febbraio 2014) secondo cui il condominio si pone, nei confronti dei terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini attinenti alle parti comuni, che l'amministratore assume la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini tanto nella fase di assunzione di obblighi verso terzi per la conservazione delle cose comuni quanto, all'interno della collettività condominiale, come unico referente dei pagamenti ad essi relativi e che non è idoneo a estinguere il debito “pro quota” del singolo condomino, il pagamento eseguito direttamente a mani del creditore del condominio, qualora il creditore dell'ente di gestione non si sia munito di titolo esecutivo nei confronti del singolo condomino. Con la conseguenza che, a fronte di un contratto che vincola il condominio, solo l'amministratore è legittimato a provvedere al pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo del servizio erogato e che il pagamento eventualmente eseguito dal singolo condomino non è idoneo ad estinguere il debito nei suoi confronti.
A favore dei condomini non morosi il Tribunale ha osservato che hanno invece il diritto, per la loro tutela, di sollecitare l'amministratore a corrispondere le quote condominiali già incassate e a far valere nei confronti degli altri condomini i pagamenti già eseguiti.
Altre decisioni hanno invece negato la legittimità della sospensione del servizio (Trib. Brescia, ord. 29 settembre/10 ottobre 2014 e Trib. Torin,o Sez. feriale, ord. 21 agosto 2014).
Nella prima pronunzia (Trib. Brescia ord. 29 settembre/10 ottobre 2014) - emessa in sede di reclamo contro una ordinanza che ai sensi dell'articolo 700 cod. proc. civ. aveva accolto, in base all'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., la richiesta del condominio di sospendere nei confronti di un condomino moroso i servizi comuni di utilizzo dell'antenna televisiva centrale e della piscina condominiale, ma non la fornitura dell'acqua potabile – è stato deciso che l'erogazione dell'acqua potabile non può essere sospesa dal momento che viene erogata non dal condominio, ma dalla impresa di somministrazione (che rimane l'unico soggetto titolare della relativa obbligazione) e che, per reagire alla morosità di taluno di loro, gli altri condomini possono unicamente decidere di passare dal sistema della utenza unica condominiale a quello delle utenze singole. Il Tribunale di Brescia ha inoltre aggiunto che, inoltre, dalla sospensione dell'acqua potabile deriverebbe un pregiudizio diretto e immediato alle condizioni di vita e salute correlate all'uso abitativo dell'unità immobiliare, violando così valori di rilievo costituzionale.
La seconda decisione (Trib. Torino, Sez. feriale, ord. 21 agosto 2014), emessa di nuovo in occasione di un procedimento azionato da un condominio ai sensi dell'articolo 700 cod. proc. civ. contro un condomino moroso, ha pure negato la sospensione dei servizi di riscaldamento e di acqua calda (e il conseguente diritto di accesso all'unità immobiliare del moroso per eseguire le opere necessarie per il distacco degli impianti), rilevando che, seppure l'articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., preveda adesso la possibilità per l'amministratore di escludere il condomino moroso dalla fruizione di servizi comuni suscettibili di utilizzazione separata, non possono essere considerati tali il servizio di riscaldamento e di acqua calda, il cui distacco richiede costose opere edili di attuazione e comunque l'esperimento di una oggettiva CTU. Inoltre il Tribunale di Torino ha osservato che l'oggetto del ricorso cautelare comporterebbe un cambio di destinazione verso una delle unità immobiliari, che in ogni caso deve essere preceduta, ai sensi dell'articolo 1117-ter cod. civ., da una assemblea autorizzativa da parte dei 4/5 delle quote dei partecipanti.

Gli aspetti penali
La problematica della sospensione può riguardare però anche implicazioni di carattere penale e a queste bisogna quindi fare molta attenzione.
Infatti con la sent. n. 47276 del 5 novembre 2015, la Cassazione penale ha confermato la condanna della Corte di appello che aveva dichiarato la responsabilità per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sanzionato dall'articolo 392 cod. pen. a carico di colui che, nella sua qualità di gestore di un residence, disattiva la derivazione della corrente elettrica verso l'unità abitativa di un condomino moroso nel pagamento di utenze condominiali; secondo la Suprema Corte l'imputato, seppure non sia il rappresentante della società che amministra il condominio, si deve ugualmente considerare come il gestore di quest'ultimo quando agisce in maniera costante per conto della suddetta società, provvedendo direttamente a pagare le spese condominiali e le utenze elettriche.

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