Condominio

Consumi idrici dei portieri: le regole sono modificabili

Matteo Rezzonico

Da Condominio24

Nel regolamento condominiale contrattuale è inserito il servizio di portierato, per il quale è previsto che le spese di portierato sono generalmente a carico dei condòmini. In un'altra parte dello stesso regolamento, per le spese di consumo idrico viene previsto un criterio di ripartizione in base al quale si specifica che anche l'approvvigionamento idrico del portiere è a carico dei condomini. Il Ccnl (contratto collettivo nazionale di lavoro) del portierato fa invece riferimento a una retribuzione comprensiva di 120 metri cubi di acqua.Il portiere può pretendere la gratuità del consumo dell'acqua, indipendentemente dalla quantità di metri cubi consumati?

Risposta
Ove il regolamento condominiale contrattuale preveda che le spese di consumo dell’acqua relative all’alloggio del portiere – a prescindere dalla quantità del consumo – siano a carico del condominio, è possibile anche procedere alla sua modifica, con la maggioranza prevista dall’articolo 1138, comma 2, del Codice civile (500 millesimi e la maggioranza degli intervenuti). Infatti – salvo esame della fattispecie in concreto – la pattuizione in questione sembra avere natura regolamentare, sicchè, nel rispetto del Ccnl portieri, del contratto di lavoro subordinato (che occorre esaminare attentamente) e dei criteri legali di ripartizione della spesa, essa può essere modificata con la maggioranza citata.In tema, la giurisprudenza ha più volte avuto modo di puntualizzare che, relativamente a un regolamento condominiale contrattuale, «le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile» (si veda, per tutte, Cassazione, sezioni unite, 30 dicembre 1999, n. 943). Nello stesso senso, si consideri anche Cassazione, 14 agosto 2007, n. 17694, per la quale «è stata da tempo abbandonata l'opinione secondo cui sarebbero di natura contrattuale, quale che sia il contenuto delle loro clausole, i regolamenti di condominio predisposti dall'originario proprietario dell'edificio e allegati ai contratti d'acquisto delle singole unità immobiliari, nonché i regolamenti formati con il consenso unanime di tutti i partecipanti alla comunione edilizia. La giurisprudenza più recente e la dottrina ritengono, invece, che, a determinare la contrattualità dei regolamenti, siano esclusivamente le clausole di essi limitatrici dei diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive (divieto di destinare l'immobile a studio radiologico, a circolo eccetera) o comuni, ovvero quelle clausole che attribuiscano ad alcuni condòmini dei maggiori diritti rispetto agli altri. Quindi il regolamento predisposto dall'originario unico proprietario o dai condòmini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni...».

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