Condominio

Il regolamento vieta bed & breakfast e affittacamere anche se tollerati in passato

di Matteo Rezzonico e Maria Chiara Voci

Un appartamento non può essere adibito ad affittacamere, se il regolamento di condominio non lo permette. Tale divieto vale anche se, in passato, l'alloggio è stato adibito a tale uso: il pregresso utilizzo dell'immobile in maniera non conforme, non giustifica infatti nuove violazioni.
Ad affermare il principio è una recente sentenza della seconda sezione civile della Corte di Cassazione, la n. 109 del 7 gennaio 2016. Il caso preso in esame dai giudici è quello di un'unità immobiliare ceduta ad uso affittacamere dalla società che, per conto dei proprietari, ne gestisce l'utilizzo, pur in presenza di un regolamento condominiale contrario e della palese opposizione da parte del condominio, parte in causa nella vertenza.
Il pronunciamento del 7 gennaio, peraltro, ricalca quello già espresso dalla Corte di Appello di Roma, con la sentenza 1378/2011 e fa seguito a una sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Roma si era espresso per l'inammissibilità della domanda, visto che all'epoca la società conduttrice dell'immobile aveva solo espresso all'assemblea l'intenzione (e non ancora messo in atto, cosa poi avvenuta in seguito) di destinare l'alloggio all'attività di locazione ad uso affittacamere.
Rispetto al pronunciamento della Corte d'Appello, nel fare ricorso in Cassazione la società di gestione dell'immobile e i proprietari dello stesso avevano eccepito, innanzitutto, l'erronea interpretazione del regolamento condominiale, risalente al lontano 1920, nonché la circostanza per la quale altri inquilini dello stesso stabile avevano intrapreso già in passato attività commerciali, imprenditoriali e professionali che, a norma del regolamento, sarebbero state loro precluse.
Una doppia interpretazione che, tuttavia, è stata rigettata dalla Corte Suprema. La quale specifica che, considerato il tenore del regolamento condominiale - che recita: «È vietato di destinare gli appartamenti ad uso di qualsivoglia industria o di pubblici offici, ambulanze, sanatori, gabinetti per la cura di malattie infettive o contagiose, agenzie di pegni, case di alloggio, come pure di concedere in affitto camere vuote od ammobiliate o di farne, comunque un uso contrario al decoro, alla tranquillità, alla decenza ovvero al buon nome del fabbricato» - la condotta contraria ad esso, tenuta nel passato da altri condomini, non può influenzare la interpretazione e la vigenza dello stesso. Né giustificare nuove violazioni.
Del tutto infondato viene, inoltre, ritenuto il richiamo “storicizzante” del regolamento «che vorrebbe ricondurre il divieto contenuto del testo negoziale contrattuale a quelle attività che inciderebbero solo sul decoro, sulla tranquillità e sul buon nome del fabbricato, basato sull'osservazione che le rigide prescrizioni stilate del 1920 non potrebbero valere nell'epoca attuale».
La Corte di Cassazione ha ricordato, infine, nella sentenza che la definizione di “affittacamere”, contenuta nel regolamento regionale 16/2008 della Regione Lazio e basata sul principio della perdurante coabitazione dei proprietari con gli ospiti, non fa venire meno l'ontologica sovrapposizione fra l'attività di affittacamere e, in contrapposto all'uso abitativo, quella alberghiera o di bed and breakfast. Tale attività non può dunque mai essere esercitata in un condominio se il regolamento lo vieta.

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