Negozi con antenna tv sul terrazzo e uso dell'ascensore
Da L'Esperto Risponde
L'interpretazione proposta dal lettore pare del tutto conforme all'ultima decisione della Cassazione sul punto, ormai non più recente (Cassazione, 12 gennaio 2007, n. 432). In detta sentenza si distinguono, per l'appunto, le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, dirette alla loro conservazione o ripristino, dalle spese di pulizia e illuminazione (a queste ultime sono in tutto assimilabili quelle di esercizio dell'ascensore). Le prime andrebbero ripartite secondo il noto criterio legale, per metà in ragione dell'altezza e per metà in ragione del valore (articolo 1124 Codice civile). Le seconde seguirebbero un criterio che potrebbe definirsi della utilità concreta espressa dalla scale. Per tali ultime spese occorrerebbe tener prioritariamente conto dell'altezza del piano e, occorre supporre, è pienamente lecito escludere tutti i condomini che non hanno accesso al vano scale: siano essi proprietari di autorimesse o di locali con accesso dalla strada. In sostanza, pare che il riparto delle spese per scale e ascensore segua il criterio dell'utilità che potremmo definire “giuridica” per le spese di conservazione, ripristino e messa a norma: vi partecipano tutti perché tutti beneficiano delle economie conseguenti allo sviluppo in altezza dell'edificio. E segue, invece, il criterio dell'utilità che potremmo definire concreta o effettiva per le spese legate al godimento. Tale ultimo criterio - è bene ribadirlo - non riflette il concreto uso che ciascun condomino faccia delle scale in relazione alle sue abitudini o alle sue scelte di utilizzazione più o meno intensa della sua unità immobiliare, ma l'obiettiva utilità che la parte comune esprime in favore della sua unità immobiliare: del resto, la nozione stessa di utilità è legata alle possibilità di utilizzazione e non all'uso concreto.