Il sottoscala comune venduto dal costruttore a un privato
Da L'Esperto Risponde
Salvo che il titolo contrattuale non disponga diversamente, si considerano beni comuni non solo quelli espressamente elencati nell'articolo 1117 del Codice civile, ma anche quelli ad essi assimilabili in relazione alla destinazione al comune godimento o al servizio delle proprietà esclusive (Cass., 1806/12); il sottoscala - quale spazio vuoto al di sotto della rampa delle scale - si presume ‘condominiale', in forza della sua qualità di accessorio della scala medesima (Cass., 5037/2008; così anche Cass., 28350/2013 secondo cui il sottoscala è un'entità autonoma e, per questo, da considerarsi parte comune).
Se dai documenti catastali non risulta diversamente, per la vendita del sottoscala – in quanto bene condominiale - occorre il consenso di tutti i condomini, pena la nullità dell'alienazione stessa ai sensi dell'art. 1108, 3° comma, del Codice civile. La vendita del bene condominiale è considerata un <unicum inscindibile>, costituendo tutti i condomini una parte contrattuale complessa, con la conseguenza che tutte le loro dichiarazioni di vendita si fondono in un'unica volontà negoziale (Cass., 98/11986): se dunque manca la dichiarazione di vendere di un condomino, non si forma la volontà negoziale del venditore.
Trattandosi però – nel caso che ci occupa - di una vendita di un bene condominiale avvenuta il 3 novembre del 1966, il compratore ormai ha usucapito l'immobile ai sensi dell'art. 1158 c.c., a meno che si provi che il possesso ventennale è stato interrotto o che mancava nel compratore l'animus possidendi, ossia l'intenzione di esercitare un potere sulla cosa corrispondente a quello del proprietario o del titolare di un ius in re aliena (Cass., 96/4436).
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