Condominio

Il titolo abilitativo non decade anche se i tempi della costruzione non vengono rispettati

di Silvio Rezzonico e Jada C. Ferrero

Se un costruttore non rispetta le condizioni del permesso di costruire, e in particolare i termini di inizio e fine lavori, il titolo decade in silenzio, automaticamente, oppure ci vuole un apposito formale provvedimento da parte del competente organo comunale?
Il Consiglio di Stato entra nel merito della questione in una recente sentenza (n. 4823/2015 del 22 ottobre) in cui un costruttore di villette, in contenzioso col Comune, ottiene ragione, dopo uno sfavorevole pronunciamento del Tar.
I fatti. Nel gennaio 2004 una società immobiliare presenta in municipio a Pescara la richiesta per realizzare un intervento residenziale: 4 villette unifamiliari. A inizio 2008 il Comune rilascia il permesso di costruire. A fine anno il costruttore avvia quindi i lavori, comunicandolo agli uffici: apre il cantiere, effettua i primi sbancamenti, getti, opere fondali.
Nel frattempo, però, è successo che il Comune nel 2007 ha approvato una variante al piano regolatore, che muta proprio per l'area in questione la destinazione urbanistica, non solo qualificandola “zona ad elevato rischio idrogeologico”, ma anche come “verde privato di tutela”.
Lo stesso costruttore, dal canto suo, aveva già colto criticità idrogeologiche nell'operazione: rischi di smottamento di una porzione di collina. Svolti alcuni approfondimenti tecnico-strutturali, decide di ripensare l'intero progetto assentito. Sceglie anche una riduzione di sagoma e volumi dell'intervento: solo due villini, e non quattro, diversamente disposti, con nuove opere di contenimento. Nel 2009 comunica al Comune la volontà di sospendere i lavori per predisporre una variante al titolo edilizio rilasciato e reinterra le fondamenta già scavate, per mettere in sicurezza il sito.
Nel 2010 presenta istanza di variante al permesso di costruire. Nel marzo 2011, non ottenendo risposte, presenta domanda di sospensione dei termini di validità del pdc; a fine giugno gli viene notificata una comunicazione circa le cause che ostano al rilascio del titolo edilizio: “ci sono variazioni “essenziali” rispetto a quanto già autorizzato”. Servirebbe l'iter per un nuovo titolo che però, alla luce del nuovo Prg che esclude nuove costruzioni in quel lotto, non potrà essere rilasciato sicché nel giugno 2012 il Comune comunica il diniego.
Il costruttore, che a questo punto vorrebbe anche riconosciuti i danni, ricorre al Tar Abruzzo, soccombendo (sentenza n. 61 del 4 febbraio 2013). Il giudice amministrativo avvalora la tesi del Comune, resistente in giudizio, che il pdc sia decaduto, ai sensi del Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/2001, art 15) per “mancato inizio dei lavori entro i termini stabiliti”. Secondo il Tar, infatti, “la decadenza opera di diritto e non è richiesta a tal fine l'adozione di un provvedimento espresso”.
Un orientamento che il Consiglio di Stato ha invece ribaltato. Si tenga presente che la giurisprudenza in materia non è affatto univoca, sebbene le più recenti pronunce siano orientate nel senso della necessità di un provvedimento formale di decadenza.
In proposito, vale osservare che anche se altri Tar e lo stesso Cds hanno sancito in casi analoghi che la decadenza del titolo discende “non da un atto amministrativo, costitutivo o dichiarativo, ma dal semplice fatto dell'inutile decorso del tempo”, tuttavia l'orientamento oggi maggioritario è nel senso della necessità dell'adozione di un provvedimento formale da parte del competente organo comunale, “ancorché meramente dichiarativo”. Il provvedimento dichiarativo della decadenza costituisce infatti condizione per l'esercizio dei poteri sanzionatori amministrativi e per l'insorgenza dell'eventuale responsabilità penale del titolare del permesso di costruire per il caso di esecuzione dei lavori oltre il termine prescritto dalla concessione edilizia. Oltretutto, un provvedimento formalmente espresso assicura il contraddittorio con il privato in ordine all'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che giustifichino la pronuncia stessa.
Per completezza si tenga presente che, nella specie, la eccepita variante “essenziale” alla base del diniego consisteva nella realizzazione di due villette, anziché quattro. Una modifica riduttiva, quindi non definibile come “essenziale”.

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