Condominio

È un reato gettare i rifiuti nel giardino di sotto

di Patrizia Maciocchi

Commette reato, e non merita la condizionale, il vicino che sporca il giardino sottostante buttando i rifiuti dal balcone. La Cassazione, con la sentenza 44458 del 4 novembre scorso, torna sui difficili rapporti di vicinato, inasprendo il trattamento per chi si comporta in modo incivile. I giudici delle terza sezione penale avallano la condanna a carico del ricorrente che, secondo quanto è stato appurato, aveva l’abitudine di “esercitarsi” nel lancio di rifiuti, dalle bottiglie alla spazzatura, che finivano nel giardinetto al piano di sotto. Un comportamento che fa scattare il reato di getto di cose pericolose, previsto dall’articolo 674 del Codice penale, e che viene punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a 206 euro.
La norma sanziona chi «getta o versa, in un luogo pubblico o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti».
A incastrare l’imputato era stata la dichiarazione della parte lesa, corredata da una serie di foto del giardino trasformato in ricettacolo di rifiuti. Inutile, per il “lanciatore”, mettere in dubbio l’attendibilità del vicino, “viziata” dall’interesse a intascare un risarcimento. La Suprema corte sottolinea che la responsabilità dell’imputato può essere basata anche sulle sole dichiarazioni della persona offesa, se queste, dopo verifiche più rigorose di quelle riservate ad altri testimoni, risultano attendibili.
Nel caso esaminato il condomino succube aveva affermato di avere visto l’imputato mentre lanciava una bottiglia e, di conseguenza, aveva mostrato ai giudici le foto del suo giardinetto, nel quale “fioriva” la spazzatura. Per i giudici ciò era sufficiente a provare la responsabilità del ricorrente, che aveva in corso altri procedimenti per fatti analoghi.
La Cassazione considera del tutto meritato anche il “no” alla condizionale pronunciato dal Tribunale di merito, malgrado l’uomo fosse incensurato. La Suprema corte ritiene legittimo rifiutare la condizionale anche in assenza di condanna: il giudice può, infatti, fondare il suo «giudizio pronostico sulla futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi crimini sulla capacità a delinquere dell’imputato desumendola dai precedenti giudiziari, ancorché non definitivi».
Un principio, chiarisce il collegio, che non contrasta con la presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, perché nella valutazione non pesa la certezza che l’imputato abbia o meno commesso i reati che gli vengono contestati, ma solo la condizione in cui si trova, che costituisce un precedente giudiziario.
Anche in passato la Cassazione si è espressa sul reato di getto di cose pericolose, da cui derivano difficili rapporti di vicinanza. Con la sentenza 16459 del 2013, ha condannato una condomina che evidentemente teneva molto alla pulizia del suo terrazzo: peccato che, per mantenerlo lindo, gettasse i mozziconi di sigarette su quello sottostante e, non contenta, finisse l’opera con un po’ di candeggina, anche questa destinata a seguire la legge di gravità. Per lei, alla condanna, si aggiunse l’aggravante per la condotta reiterata.
Non rientra, invece, nel raggio d’azione del Codice penale la pioggia di polvere e briciole, risultato dello sbattimento dei tappeti e dello scuotimento delle tovaglie (sentenza 27625 del 2012), mentre il reato c’è quando a cadere sono il terriccio e il fango delle piante annaffiate: perché la terra, com’è noto, imbratta (sentenza 15956 del 2014).

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